Cronache

Il tumore e quella scelta per salvare il figlio che porta in grembo

Caterina, una mamma - medico, ha scelto di non curarsi con la chemio e la radioterapia perchè incinta. Ha preferito rischiare, sfidare il suo tumore, pur di dare alla luce il piccolo Giacomo. Sette anni di sofferenze e di lotta continua

Il tumore e quella scelta per salvare il figlio che porta in grembo

Caterina se n’è andata scegliendo l’amore, quello più puro, quello verso un figlio. Aveva 38 anni, dottoressa in medicina e chirurgia, innamorata di suo marito Jonata, sposato nel 2012 e dal quale aveva avuto una bimba nata nel 2010, la piccola Gaia. È una storia di dolore, di sofferenza ma soprattutto di tanto amore quella raccontata da La Nazione.

Dieci giorni dopo il matrimonio, Caterina e Jonata scoprono di attendere il loro secondo figlio. Una festa nella festa, il matrimonio e un altro bimbo. Solo 4 ore dopo aver urlato di gioia Caterina riceve la terribile notizia: un nodulo al seno che aveva fatto analizzare parla chiaro, una forma di tumore molto aggressiva e estesa.

Subito i medici le propongono di fare la chemioterapia, non compatibile con la gravidanza, ma Caterina preferisce pensare a suo figlio in grembo piuttosto che a se stessa e così inizia ad avvalersi di cure più tollerabili ma comunque efficaci dell’istituto europeo di Oncologia di Milano. Conosce bene i rischi ai quali sta andando incontro, Caterina Morelli è un medico specializzato in chirurgia pediatrica, ma conosce altrettanto bene cosa voglia dire amare un figlio.

Giacomo nasce e lei inizia i cicli di chemioterapia. Si sottopone ad interventi chirurgici. Il piccolo cresce e lei sembra stare meglio ma nel 2015 tornano gli incubi. Il fegato, il polmoni, le ossa sono invase dalle metastasi, la sua vita diventa difficile a tal punto che è costretta a muoversi con l’aiuto di una carrozzina. Però non molla, Caterina vuole vivere, la sua casa diventa un luogo di festa, gli amici, la famiglia, il marito e i suoi bimbi non la lasciano sola. Fa anche un viaggio a Medjugore, un altro a Lourdes, continua le cure, non vuole arrendersi e ancora una volta preferisce gli altri a se stessa. Decide, infatti, di aprire casa sua accogliendo chi ha bisogno, chi vive la sua stessa condizione, parla della sua malattia, fonda un gruppo di preghiera e invita tutti a non mollare mai.

Nel settembre 2018 le condizioni fisiche precipitano. Le metastasi arrivano al cervello, Caterina capisce che la fine sta arrivando. Anticipa la comunione della figlia, riesce a godersi la festa, riesce ancora una volta a donare tutto il suo amore. Poi il coma. Nella notte fra giovedì e venerdì Caterina se n’è andata.

Doveva abortire, le dicevano tutti, per potersi curare immediatamente con la chemio e la radio.

Lei no, quella gravidanza non si sarebbe interrotta.

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