Roma, rivolta dei residenti contro un centro d'accoglienza

Caos a Tiburtino III. Prima la lite in strada, poi la rivolta dei cittadini nel centro d'accoglienza. Accoltellato un eritreo

Roma, rivolta dei residenti contro un centro d'accoglienza

A Roma non si ferma la rabbia contro il business dell'accoglienza ai migranti. Stanotte un gruppo di residenti del rione di periferia, Tiburtino III, dopo anni di manifestazioni, di proteste e di tavoli istituzionali, ha tentato di assaltare il centro di via del Frantoio. A far scoppiare la rivolta, stando a quanto riportano i residenti, sarebbe stato il sequestro di una donna e di suo figlio che sono stati trattenuti dentro il centro di accoglienza dove si erano recati per lamentarsi dopo lo scoppio di una lite tra gli immigrati e i ragazzi del quartiere.

"Solo l'intervento massiccio della polizia con numerose camionette anti sommossa ha frenato l'esasperazione dei cittadini", spiega Fabrizio Montanini, portavoce del coordinamento dei comitati e delle associazioni del IV Municipio. Quando le forze dell'ordine sono giunte sul posto, a mezzanotte e mezza, però, la maggior parte delle persone si erano già disperse e hanno trovato soltanto un migrante ferito. Tutto sarebbe iniziato due ore prima, quando un eritreo ha lanciato dei sassi, pur senza colpirli, contro alcuni bambini che giocavano vicino al centro d'accoglienza. A quel punto la madre di uno di questi bambini si sarebbe recata per affrontare il migrante ospite del centro e ne sarebbe nato un parapiglia. In aiuto della donna, circondata da alcuni migranti e quindi impossibilitata ad uscire dallo stabile, sarebbero arrivati amici e parenti. Durante gli scontri l'eritreo, accusato di aver lanciato i sassi, è stato colpito alla spalla con un arma da taglio o con una bottiglia e portato all'ospedale Pertini ma non pare essere in pericolo di vita.

Fabrizio Ghera, capogruppo di Fdi-An in Campidoglio, ricorda di aver più volte chiesto la chiusura della struttura che accoglie più di 100 migranti anche se la sua capienza massima è di 60 unità e attacca la giunta Raggi: "I fatti della scorsa notte al Tiburtino III rappresentano il sintomo di una situazione che ha superato i livelli di sicurezza e che rischia ora di trasformarsi in un'emergenza sociale". "Ricordiamo peraltro - aggiunge - che la struttura in via del Frantoio confina con la scuola materna ed elementare Fabio Filzi" e ne chiede nuovamente la chiusura: "La Raggi non si fermi agli annunci, basta con la scellerata decisione di scaricare nelle periferie il peso dell'immigrazione selvaggia. Dopo lo sgombero di piazza Indipendenza è necessario riportare la legalità a Roma, si proceda quindi a liberare anche tutte le altre strutture occupate e illegali sparse nella Capitale".

Mauro Antonini, responsabile di Casa Pound nel Lazio, che da tempo si occupa del tema, attacca: "Avevamo avvertito le istituzioni e le autorità che quel centro andava chiuso: sono ospitati più di quanti la struttura ne possa contenere, non sono rifugiati politici, bivaccano per strada dal mattino a notte fonda, degradando la parte della struttura adiacente alla scuola elementare del quartiere. Solo chi specula sul business dell'accoglienza come associazioni e movimenti della sinistra romana poteva accusarci di razzismo e raccontare la favola della pacifica convivenza". Un 40ennne eritreo sarebbe stato accoltellato alla schiena durante la rissa. L'uomo è stato ricoverato all'ospedale Sandro Pertini ma non sarebbe in pericolo di vita. La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta per tentato omicidio. A breve disporrà la nomina di un interprete per ascoltare la vittima - accoltellata ad un rene, ma fuori pericolo - che quale non parla italiano.

"Quanto è accaduto questa notte al Tiburtino è sintomo di una situazione di estrema tensione che provoca la circolazione di notizie spesso infondate che generano confusione e contribuiscono a minare la pacifica convivenza di tutti. La persona eritrea ferita non è ospite del Presidio Umanitario di via del Frantoio già dalla fine di luglio scorso". Lo riferisce la Croce Rossa di Roma. "È attualmente inserito nel programma di relocation, ospite del CAS Staderini. Dalla ricostruzione dei fatti possiamo affermare che non ci sono state persone "sequestrate" e che la tensione, per fortuna, non ha prodotto gravi conseguenze. Dal presidio di via del Frantoio, inoltre, non è partita alcuna aggressione. Al momento sono in corso le indagini da parte delle forze dell'ordine".

La rabbia degli italiani

"Mandateli via, o faccio un macello. Non li voglio più vedere. Non li reggo più. Non siamo razzisti, ma adesso basta: la tolleranza è finita. Parlo per tutto il popolo italiano. Questi stanno a fà i baroni a casa nostra. Si devono comportare bene, o se no se ne devono andare". È questo lo sfogo di un abitante del quartiere Tiburtino III. Che poi ha continuato: "Non si può fare, si sono portati una donna dentro, perché è andata a cercare uno che gli aveva tirato i sassi ai ragazzini. Se la sono tirata dentro a lei e a quattro ragazzini. Non va bene. Camminano per la strada e non c'è nessuna sorveglianza alle tre di notte passi e stanno fuori, fanno come gli pare. Non va bene: il rispetto ci vuole. Stanno al Paese nostro, adeguati a quello che siamo noi. A noi ci è successa una lite, sono venuti venti addosso a noi che eravamo in quattro. Loro sono venuti organizzati, noi no.

Avevano tubi di ferro, bastoni cose...Noi siamo venuti solo a vedere che succedeva, visto che c'era la storia della donna e dei ragazzini. Sono bastardi, sono cattivi dentro. Noi non siamo razzisti, ma vogliamo solo gente pulita".

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