Nella gara a chi la spara più grossa, ogni tanto vince chi la spara giusta. Ligabue, che ha appena iniziato il tour, ha ammesso che «l'affluenza di pubblico è inferiore alle previsioni». Per carità, bastava vedere le foto del suo debutto a Bari per capire che gli spazi vuoti erano molti, troppi. Di solito però - e fateci caso - gli artisti sbianchettano dai social le defaillance, gli inceppi, le frenate perché tutto deve brillare come fosse oro zecchino, anche se è più falso di quello promesso a Pinocchio dal Gatto e la Volpe. Invece, nell'epoca del celodurismo bigliettaro, del «tutto esaurito prima di tutti», l'ammissione controtendenza di Ligabue vale, diciamolo, più di un disco d'oro (che vale sempre meno, ma è un altro discorso). Avrebbe potuto limitarsi a esultare perché, dopo la paura del 2017, oggi «è fantastico sentire la mia voce a pieno regime». E tanti saluti a tutti. Invece no.
Dopo aver cantato la vita da mediano «a macinar palloni», il più discreto dei nostri rockettari ha fatto il gol in rovesciata, il colpo di tacco al volo, l'exploit che lo trasforma da Oriali a Maradona, dal centrocampista al fuoriclasse. Dicendo ebbene sì, non sto vendendo come pensavo, in realtà ha fatto il tutto esaurito nell'unico stadio sempre più vuoto: quello del buon senso.
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