Cronache

Se Papa Francesco si ispira al vangelo secondo Fazio

Chetempochefa in Vaticano? In una intervista a la Repubblica, ormai quotidiano ufficiale della Santa Sede, Papa Francesco ha citato, come esempio di saggezza in tema di evasione fiscale, Fabio Fazio

Se Papa Francesco si ispira al vangelo secondo Fazio

Chetempochefa in Vaticano? In una intervista a la Repubblica, ormai quotidiano ufficiale della Santa Sede, Papa Francesco ha citato, come esempio di saggezza in tema di evasione fiscale, Fabio Fazio, che in effetti ha l'aria di un chierichetto. Il conduttore televisivo, qualche giorno fa, aveva scritto un vibrante intervento proprio sulla Repubblica in cui elencava tutte le «cose» imparate a causa dell'isolamento. Tutte cose, a dire il vero, alle quali ciascuno di noi pensa fin dalle scuole elementari, e senza bisogno di vivere reclusi, cose tipo essere buoni, attenersi ai valori giusti, stare vicini concretamente alle persone amate. Tutte cose belle, che sono piaciute, comprensibilmente, al Papa e a chiunque non sia un farabutto. Poi ci sono due cose un filo discutibili. Ad esempio, Fazio ha imparato che i porti devono restare aperti, un po' strano, che facciamo, noi ci chiudiamo in casa, l'Europa serra le frontiere e poi apriamo i porti ai barconi? Vabbè, è una posizione ideologica, ognuno sceglie le ideologie che preferisce. Fazio ha imparato anche questa cosa: «È diventato evidente che chi non paga le tasse non commette solo un reato ma un delitto: se mancano posti letti e respiratori è anche colpa sua». Un delitto. La parola «delitto» ha tanti significati ma non c'è molto da interpretare: chi lascia crepare gli altri, non avendo versato il dovuto, è (indirettamente) un assassino. L'equazione pare demagogica. Negli ultimi vent'anni l'incasso fiscale dello Stato è raddoppiato, a fronte di una inesistente crescita economica. Difficile considerare l'evasione, che nessuno qui vuole scusare, il problema principale, addirittura un delitto (indirettamente) omicida. Dove finiscono i soldi prelevati dallo Stato? Come mai finiscono nelle tasche di una burocrazia pletorica e non arricchiscono la sanità pubblica? Questa sarebbe la domanda corretta in un Paese liberale, quindi purtroppo non in Italia, il regno delle mance elettorali, degli enti inutili e dei conduttori della tv pubblica coperti di soldi grazie al canone (tassa). Il Papa si è innamorato di questo passaggio, «questa cosa mi ha molto colpito», ha detto a Paolo Rodari de la Repubblica. Bergoglio poi ha raccontato di essersi raccolto in preghiera a Santa Maria Maggiore, a Roma, per chiedere al Signore di fermare l'epidemia: il Papa insomma fa sempre il Papa anche se spesso sorprende molti cattolici. Forse è salutare. Forse no. Inevitabile restare disorientati davanti ad alcune parole, come la dichiarazione resa in aereo dopo la strage di Charlie Hebdo, quella del pugno (islamico) come reazione a un'aggressione. Già, ma erano solo vignette satiriche, forse brutte ma non meritevoli di alcune sventagliate di mitra in redazione. Inevitabile restare disorientati davanti a una strategia di comunicazione che premia il giornale simbolo della cultura laica in prima linea per portare la secolarizzazione alle estreme conseguenze (che saranno la fine dell'Europa e della libertà). Inevitabile restare perplessi davanti alle discussioni con il teologo Eugenio Scalfari, ogni volta precisate e corrette ma infine ripubblicate sul sito del Vaticano. Ora dovremo capire anche le citazioni da Fabio Fazio, maestro di morale, e perché il Papa sia così preoccupato dalla evasione fiscale. Non è il ministro del Tesoro dell'Italia.

È il padre spirituale dei cattolici, che in un momento così complesso si aspettano ben altre parole.

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