Il segreto M5S: Grillo funziona quando sparisce

La strategia per prender voti nei salotti: lui resta in disparte a fare il comico, in prima linea candidati travestiti da moderati. Così gli alfieri "degrillizzati" conquistano la borghesia

Il segreto M5S: Grillo funziona quando sparisce

L'ordine di scuderia dei grillini è chiaro: degrillizzarsi il più possibile. È una contraddizione in termini, ma è l'unica strada per continuare a crescere e sopravvivere. Anche se il prezzo di questa operazione dovesse essere un parricidio simbolico.

Prendete Virginia Raggi. Elegante nei suoi tailleurini sexy al punto giusto, di una bellezza sobria e non urticante, composta. Ma soprattutto pacata, nei toni e nei metodi. Mai sopra la righe. Anche quando propone improbabili funivie e redditi di cittadinanza fuori da ogni logica. Sembra l'opposto di Beppe Grillo. Ed è un paradosso che un movimento nato dalla fragorosa esplosione politica di un comico pirotecnico finisca per raggiungere i suoi massimi risultati con dei candidati a tratti soporiferi.

Avete presente Chiara Appendino? Probabilmente no, non la conoscete. Perché è stata tanto discreta da essere praticamente invisibile ai mass media. Il contrario del grillismo per come lo abbiamo conosciuto sino a oggi. Eppure, Chiara Appendino, nella rossa e piddina Torino, è arrivata a un'incollatura dal sindaco uscente Piero Fassino, costringendolo a un ballottaggio quanto mai imbarazzante.

Lo stesso vale per Massimo Bugani, il pentastellato che a Bologna ha bucato lo spareggio ma ha comunque portato a casa un dignitosissimo 16 per cento. Anche lui si è mosso sotto traccia, ha evitato boutade e colpi di scena, fanfaronate e promesse roboanti.

Sono i movimentisti atipici, i grillini geneticamente modificati: composti, rassicuranti e molto molto borghesi. Sono Ogm creati nei laboratori della Casaleggio Associati per infilarsi nei salotti degli italiani senza destare sospetti e stupore. Una mutazione genetica e antropologica, un upgrade che non ha solo riguardato le nuove leve ma anche i primi arrivati, quelli che hanno saputo imparare il galateo della politica e della televisione. Persino Paola Taverna, nota per il suo eloquio da osteria, si è messa il tovagliolo sulle gambe e ha imparato a usare il coltello e la forchetta. È la politica, bellezza.

I No Tav, i No Expo, gli avanzi dei centri sociali, quelli che sproloquiavano di rivoluzioni, sirene e scie chimiche sono stati silenziati. Spenti. Tagliati fuori dal cono di luce dei mass media. È cambiata la comunicazione, il linguaggio. Se dovessero entrare domani, per la prima volta, in Parlamento probabilmente prometterebbero di aprirlo come una scatoletta di caviale. Il tonno è passato di moda. Quello è troppo cheap.

Il capostipite della «democristianizzazione» dei pentastellati è stato Luigi Di Maio. Vicepresidente della Camera, volto mediatico e incravattato del movimento, abbastanza patinato da finire sui rotocalchi e da essere perfettamente a suo agio in tutti i più tradizionali e paludati salotti televisivi. Quelli che una volta dovevano essere evitati come la peste.

Adesso tocca alle donne, il Movimento 5 Stelle si tinge di rosa e si mette la gonnella. Rigorosamente al ginocchio. Sono loro la nouvelle vague dell'assalto grillino alle stanze del potere.

È finita l'era ruspante dei «vaffa» sbraitati con la bava alla bocca ed è iniziata quella del bon ton, del rispetto della grammatica del politichese. Grillo ha fatto un passo di lato ed è tornato a sbraitare improperi dai palchi dei suoi show a pagamento. Oramai lontanissimi dal tutto esaurito di un tempo. Quello che è stato un volano per il movimento adesso è diventato una zavorra. I grillini vincono solo se nascondono il vecchio guitto sotto il tappeto, se lo fanno svanire come un ologramma. Via il nome dal simbolo, via la faccia dal progetto, un sito ufficiale al posto del suo blog personale. Ma i programmi rimangono comunque quelli. È l'era dei grillini non grillini, travestiti da moderati. Una gigantesca operazione di maquillage.

Ma basta una salvietta struccante per vedere che sotto il cerone della presentabilità si nascondono sempre gli stessi grillini, con i loro tic, i loro complotti e i loro progetti squinternati. Perché, alla fine dei conti, se l'abito non fa il monaco, figuriamoci se fa il grillino.

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