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Sisma, gli Angeli Ultras ​che scavano tra le macerie

Gli Ultras 1898 sono stati tra i primi a raggiungere Arquata e Pescara del Tronto

Sisma, gli Angeli Ultras ​che scavano tra le macerie

on i giornalisti non vanno d’accordo anche se, gli “Ultras 1898”, sulla carta stampata spesso sono protagonisti. Anche in giorni tristi come questi si parla di loro. Stavolta, però, il mondo delle tifoserie organizzate è finito al centro del tam tam mediatico in un’ottica completamente ribaltata.

Angeli ultras

Gli Ultras 1898 sono tra i primi a raggiungere Arquata e Pescara del Tronto mettendosi a scavare per ore tra le macerie. Sin dalle prime ore di quella mattina, hanno attivato una raccolta di aiuti che è cresciuta a dismisura e che, al di là di rivalità e campanilismi, ora coinvolge le tifoserie organizzate di tutt’Italia: anche quelle nemiche. Aprono la loro sede ogni giorno, smistano e recapitano materiale “a chiamata”. A spese loro, dove occorre. Li abbiamo seguiti per ventiquattro ore.

Le ore del dopo sisma. “Alfredo, che facciamo partiamo?”. Rinaldo è appena uscito da casa sua, ad Ascoli, dopo la prima scossa di terremoto. Da pochi minuti sono passate le 3:36 di quel maledetto mercoledì. “Tra mezz’ora al bar”, risponde l’amico dall’altro capo del telefono.

Passano ore ed ore a scavare. Alfredo, Rinaldo – due dei responsabili del gruppo – ed una trentina dei loro ragazzi. Non si può non riconoscerli: magliette, tatuaggi ed un’organizzazione perfettamente gerarchica e disciplinata che gli varrà persino l’encomio di Guido Catelli, il sindaco di Ascoli Piceno. “Si sono attivati fin dalle prime ore e sono stati artefici di operazioni di recupero e salvataggio che hanno interessato ben ventisei persone, lo hanno fatto con cura, diligenza e professionalità, senza lasciare nulla al caso. A loro va il mio e il nostro grazie”, spiega il primo cittadino parlando degli ultras bianconeri.

Tra i miracoli di quella notte c’è Giorgia. Estratta viva dalle macerie dove ha lasciato sua sorella, adesso è ricoverata nel reparto pediatrico dell’Ospedale di Ascoli. A lei e agli altri bambini andranno presto in dono i giocattoli raccolti dagli Ultras. “Questa cosa ci tocca nel profondo – spiega Alfredo che ha una bambina di pochi anni – appena siamo arrivati lì ad Arquata un padre ci è venuto incontro con il figlio in braccio, entrambi ricoperti di polvere, sembravano le immagini della Siria”.

La memoria di Alfredo invece si ferma su un’altra immagine. “Un tavolino, delle sedie spostate ed una bevanda – racconta l’ultras – una scena rimasta praticamente intatta tra le rovine. Chissà se le persone sono ancora vive”.

“C’era un silenzio assordante – gli fa eco Rinaldo – senza guanti né attrezzatura ci siamo messi a scavare, a mani nude”.

“Si susseguivano le scosse ma la speranza di trovare ancora qualcuno vivo, quella piccola fiammella che ognuno di noi aveva in cuor suo, era più forte della paura”, ricorda Alfredo. Non chiamateli eroi però, perché senno vi risponderanno: “abbiamo solo fatto il nostro dovere, noi come molte altre persone accorse sul posto”.

Simone è uno di loro. “Non siamo angeli – ci tiene a precisare inserendosi nella conversazione – ma nemmeno disumani come ci vogliono far apparire”.

“Non scordiamoci di Pippo”, irrompe Rinaldo mostrando una medaglietta a forma di osso. “Eravamo a Pescara, lo abbiamo sentito guaire sotto le macerie e dopo cinque ore siamo riusciti a tiralo fuori, vivo”. Pippo è stato per tre giorni la mascotte dei bianconeri. “E’ stato triste separarci da lui ma abbiamo ritrovato il proprietario e glie lo abbiamo riconsegnato”, spiega Alfredo.

In viaggio con gli Ultras 1898

Il quartier generale dei supporters ascolani è un porto di mare. Tra pullman e macchine, persone a piedi, tifoserie di tutta la Penisola. Da qui ci si sposta continuamente per intervenire in maniera “mirata” dove occorre. La destinazione di oggi è Arquata – uno degli epicentri del sisma – per andare a consegnare cibo per animali e prodotto per l’igiene del corpo ad una signora.

Ad accoglierci ad Arquata, città spettrale, c’è la signora Loriana. La sua casa è inagibile, lei e suo marito sono “vivi per miracolo”. Attorno alla donna un drappello di cani fanno il girotondo ed abbaiano. “Sì i ragazzi ci aiutano tanto, sono bravissimi, ci danno anche sostegno morale, ci fanno sfogare, qui la situazione è un disastro – racconta Loriana che dorme in macchina assieme a suo marito – siamo riusciti ad uscire di casa prima del crollo”.

L’ultima tappa, prima di ritornare alla “base” e ricominciare a smistare ed inscatolare, è la tendopoli di Acquasanta Terme. Qui incontriamo Franco Riti, il responsabile del campo che ospita 130 persone. “La priorità è servire le altre frazioni ora, abbiamo 700 km di strade interne difficili da raggiungere”, racconta. A proposito della solidarietà dimostrata dal mondo ultras e non solo, Riti spiega: “Gli italiani si erano già distinti a L’Aquila, adesso però abbiamo delle necessità specifiche, ci ritroviamo pieni di cibo però mendichiamo tende e brandine”. Ad Acquasanta però mancano anche lenzuola e coperte per stanotte, spiega agli ultras un operatore della Protezione Civile. “Noi abbiamo il materiale in sede – gli risponde Simone – adesso torniamo indietro, facciamo il carico e vi portiamo tutto”.

Risaliamo in macchina. I ragazzi hanno le facce stanche.

Ma non c’è tempo per riposare.

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