Cronache

"Soldi a chi ospita i rom". Ma i romani già bocciano l'ultima trovata della Raggi

Un bonus alle famiglie romane che decideranno di ospitare uno o più rom. Ma i cittadini sono scettici: "È improponibile"

"Soldi a chi ospita i rom". Ma i romani già bocciano l'ultima trovata della Raggi

Il Camping River, a due passi da via Tiberina, doveva essere il primo campo rom della Capitale a chiudere i battenti. Dopo di lui sarebbe toccato al villaggio della Barbuta, all’insediamento de La Monachina e così via, fino all’obiettivo: il superamento dei campi rom.

Ma il termine indicato nella road map del Campidoglio, che contava di smantellare la baraccopoli di via della Tenuta Piccirilli entro il 30 settembre scorso, è stato abbondantemente superato. E il Camping River è ancora lì. Assieme agli oltre 400 inquilini che, nel frattempo, si sono trasformati in abusivi e vivono accampati da mesi fuori dai moduli abitativi. La ricollocazione dei nomadi, insomma, si è risolta in un buco nell’acqua. Non ha funzionato l’idea dei rimpatri assistiti, né quella di mandare i rom a vivere in affitto pagandogli il canone visto che nessun locatore ha accettato l’offerta. E la stessa sorte potrebbe toccare anche all’ultima carta che il Campidoglio sembra intenzionato a volersi giocare: un bonus a chi vorrà accogliere gli sfollati del Camping River. Si tratta di una delle misure a sostegno dell’inclusione abitativa menzionate nella delibera 70 dello scorso 17 aprile. Al punto 4 del documento si parla di un contributo economico da erogare alle famiglie romane che decideranno di spalancare la porta di casa a “persone singole o piccoli nuclei” in condizioni di particolare “fragilità”.

Ma cosa ne pensano i cittadini? Siamo andati a villa Ada, uno dei parchi più frequentati della Capitale, a sondare il grado di disponibilità dei romani. “Ma che è uno scherzo? È improponibile, non ci penso proprio”, ci spiega un ragazzo a passeggio con il suo cane. La pensa come lui una donna sulla trentina: “Io - ci dice - non lo ospiterei mai, piuttosto un profugo ma non un rom”. Al supermarket dell’accoglienza, insomma, è meglio puntare su un “prodotto” meno rischioso. E così anche chi si professa anti-razzista e punta il dito contro il "clima d’intolleranza" che c’è nella Capitale, di fronte alla fatidica domanda, si tira indietro. “Io sono favorevole ad aiutare il prossimo - spiega una signora - non guardo alla provenienza, al sesso, alla nazionalità, però sui rom ho qualche dubbio”. Le fa eco un giovane: “Secondo me è un progetto destinato a fallire, non credo ci siano persone disposte a mettersi dei nomadi a casa, d'altronde si sa cosa fanno per vivere”. E se dovesse avere successo? “Sarà solo perché c’è gente disperata, che non ha una lira, e pensa di sbarcare il lunario così”, secondo una giovane mamma.

La paura che, con la scusa della solidarietà, questa trovata si traduca in mera speculazione la condivide anche un'anziana che sentenzia: “Il volontariato non si impone e soprattutto non si paga”. E se è vero quello che ci dice una donna sulla sessantina, secondo cui “tutti pensano di non essere razzisti, ma in fondo tutti lo sono”, c’è anche qualche voce fuori dal coro. Per una studentessa fuori sede, ad esempio, sarebbe uno scambio reciproco: "Noi capiremmo meglio loro e loro entrerebbero di più nelle nostre vite”. Ammesso che, ai nomadi, la cosa non dispiaccia. “Chi ci dice che a loro va bene? Siamo davvero sicuri che si vogliono integrare?”, si domanda un ragazzo.

A giudicare dalle prime reazioni, quindi, c'è da scommettere che non saranno in molti a mettersi in fila per ritirare la prebenda del Comune.

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