Solo pane e olio ai bimbi i cui genitori non pagano la mensa scolastica

A Montevarchi (Arezzo) scoppia una durissima polemica perché il Comune ha deciso di non fornire più il pasto ai bimbi i cui genitori non siano in regola con la retta. Il sindaco difende la scelta: "Ho trovato un buco da 500mila euro"

Solo pane e olio ai bimbi i cui genitori non pagano la mensa scolastica

Non è la prima volta che i bambini subiscono un danno per il comportamento dei loro genitori. L'ultimo episodio di cui si devono occupare le cronache arriva da Montevarchi (Arezzo). Da pochi giorni a scuola i bambini che non sono in regola con il pagamento delle quote non potranno usufruire del servizio mensa. Ma, per non tenerli a digiuno (con tutto ciò che ne deriverebbe), verrà loro permesso di mangiare una sorta di spuntino: pane e olio. Ma anche un po' di frutta e l'acqua. E il tutto sarà servito non in mezzo agli altri bimbi ma separatamente, nello spazio destinato a chi porta il pranzo da casa (perché c'è anche questa possibilità).

La "lista nera" dei bambini i cui genitori sono morosi (si tratta di sei casi su un totale di 380) è stata girata dal Comune al dirigente scolastico. Immediate, com'era inevitabile, sono divampate le polemiche. Una maestra per protesta ha ceduto il proprio pranzo a un bimbo "moroso", mangiando lei pane e olio. Il sindaco di Montevarchi, però, difende la scelta dell'amministrazioone comunale: "A giugno 2016 - spiega il primo cittadino Silvia Chiassai - ho trovato un buco di circa 500 mila euro, derivante dalle morosità accumulate per mense e trasporti. Tengo a precisare che i genitori 'morosi' non sono in difficoltà economiche". Il sindaco ha spiegato che nessun bambino resta "senza mangiare o è messo in un angolo perché vengono avvisati i genitori".

"I genitori - si legge su La Nazione - hanno tutta le possibilità di pagare, sennò gli saremmo venuti incontro: la responsabilità quindi è tutta loro". La preside del comprensivo "Magiotti", Chiara Casucci, non condivide la gestione del problema, non per difendere i morosi ma perché ritiene troppo "pesante" dover gestire il controllo dei ticket, con un personale scolastico già ridotto all'osso. Il sindaco però non sente storie: "Ci sono trenta giorni di comporto. Al genitore viene segnalato che sta per scadere il mese e deve ricaricare la card. Se non lo fa al figlio viene comunque garantito il pasto per trenta giorni. Nel frattempo, al genitore viene ricordato di essere inadempiente. Alla scadenza del trentesimo giorno, al bambino viene servito il pasto sostitutivo. Non può farsi carico del buco di 500mila euro tutta la comunità. O meglio sì, ma solo per chi è in condizioni disagiate e non per chi sceglie di non pagare".

La

cosa che più colpisce, in questa storia della provincia toscana, è che, alla fine, non sia neanche un problema di soldi. Quei genitori che non pagano le quote per il pasto dei figli, infatti, non sono poveri e bisognosi.

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