«Come ad mi assumo la responsabilità delle irregolarità emerse sui motori diesel, mi dimetto nell'interesse dell'azienda, pur non avendo assunto comportamenti sbagliati»: è durato meno di una giornata il tentativo di Martin Winterkorn di restare al volante del gruppo Volkswagen. Ieri pomeriggio, invece, la resa durante la riunione straordinaria del comitato esecutivo dell'azienda. L'ironia della sorte ha voluto che il 68enne top manager cedesse le armi proprio alla vigilia della proroga, secondo quanto era stato stabilito, dell'incarico di ad fino al 2018. La riunione del consiglio di sorveglianza, in agenda domani, nominerà invece il suo successore. Il nome più accreditato, magari anche come soluzione transitoria, resta quello dell'attuale capo di Porsche, Matthias Müller. In lizza sarebbero anche Rupert Stadler e Herbert Diess (ex Bmw), ai vertici rispettivamente di Audi e Volkswagen, e l'altro ex Bmw, Wolfgang Reitzle.
«Volkswagen ha bisogno di un nuovo inizio e io libero la strada per questo - il commento malinconico di Winterkorn -: il percorso intrapreso del chiarimento e della trasparenza deve andare avanti. Solo così può tornare la fiducia. Sono convinto che Volkswagen e la sua squadra riusciranno a superare questa difficile crisi. Sono costernato per i fatti emersi e soprattutto interdetto del fatto che fossero possibili sgarri di questa portata». A Winterkorn, comunque, viene concesso di uscire a testa alta, visto che l'esecutivo di Wolfsburg lo ha di fatto «assolto» («non era a conoscenza della manipolazione dei dati sulle emissioni»), riconoscendogli quindi «l'impagabile contributo dato alla crescita globale dell'azienda». La sua, comunque, è solo la prima testa a cadere. «Tutti i responsabili che hanno portato un danno incommensurabile per Volkswagen - precisa il comitato - saranno soggetti alle conseguenze complete». Da qui l'auspicio di «un nuovo inizio che sia anche credibile».
Vero è, comunque, che il top manager avrebbe pagato duramente il tentativo di far vedere a tutti i costi al suo ex presidente, Ferdinand Piëch, il quale aveva criticato il suo operato e soprattutto i risultati deludenti della marca Volkswagen negli Usa, che su quel mercato si sarebbe raggiunto l'obiettivo di vendere un milione di automobili. Manie di grandezza e di onnipotenza? Forse, sta di fatto che il gruppo è destinato a perdere, a fine anno, la leadership tra i costruttori appena conquistata nel primo semestre.
E pensare che solo la settimana scorsa, al Salone di Francoforte, davanti alla stampa mondiale, proprio Winterkorn aveva dettato le regole per il futuro, circondato dallo stato maggiore del gruppo. Alcune curiosità sulla sua figura: è il primo ad rimasto in carica dopo i 65 anni (per Piëch, invece, il compleanno era coinciso con le dimissione da ad); lui e l'ex presidente, del quale è stato il pupillo, si sono sempre dati del lei. Il suo primo lavoro è stato in Bosch, quindi le conoscenze nel campo dell'elettronica non gli mancavano. In Vw e Audi (carica conservata anche quando era ad) è stato a capo anche dello sviluppo del prodotto.
Dalla Germania, intanto, rimbalza un'indiscrezione: Piëch e la potente moglie Ursula, sarebbero stati notati al Salone di Francoforte, mischiati tra i visitatori, lunedì scorso, lo stesso giorno in cui è scoppiato il «Dieselgate».
E subito si è iniziato a
fantasticare su un suo clamoroso ritorno e sulla possibilità, visti i rapporti del grande azionista uscito di scena in aprile, di una ripresa del dialogo con Fca e la famiglia Agnelli. Per la serie: dove eravamo rimasti?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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