La stagione balneare è cominciata da poco, ma gli incidenti nei mari e nei fiumi italiani, come riporta il quotidiano Libero, sono già tanti. Due uomini sono annegati nel Po, un altro è morto in Sardegna, un ragazzo è affogato nell’Isonzo, mentre era in kajak, e un bambino ha rischiato di perdere la vita su una spiaggia in provincia di Rovigo. Secondo la Società nazionale di salvamento (Sns) si va sui numeri degli scorsi anni. Solo nel 2020, grazie al lockdown, si erano registrati meno incidenti nelle acque del territorio nazionale. A dare cifre precise è l’Istituto superiore di sanità (Iss): in Italia ogni anno più di 400 persone muoiono per annegamento; nel mondo sono 320mila. La fascia d’età con il numero dei decessi più alti va dai 15 ai 19 anni.
Il rapporto dell’Iss sottolinea come tra il 2010 e il 2012 sono morti affogati 1.129 italiani: circa 380 all’anno, soprattutto minorenni maschi con meno di 14 anni. Una ricerca pubblicata sulla rivista Fortune Italia, effettuata dal pediatra Italo Farnetani, docente alla Libera Università Ludes di Malta, rileva che su 7 milioni e mezzo di minori, da 4 a 18 anni, solo 2,2 milioni, ovvero il 30%, sa nuotare bene; 2,2 milioni sanno solo galleggiare e spostarsi in avanti, mentre il 10%, sa mantenersi a galla solo in piscina, ma non in mare e il restante 30% non sa nuotare affatto.
Gli italiani, quindi, nonostante continuano a vincere medaglie ai mondiali e alle Olimpiadi sembra non sappiano nuotare bene. Questo sport, comunque, è praticato soprattutto dai più piccoli. Per l’Istat tra i bambini fino a 10 anni il nuoto è l'attività sportiva più praticata (43,1%), soprattutto tra le bambine (47,7% contro il 38,9% dei maschietti). Quello che mancano in Italia, a differenza della Germania, sono i controlli, soprattutto dopo la chiusura forzata delle piscine attrezzate a causa del Covid-19. Nelle piscine italiane muoiono circa 30 persone all’anno e più della metà si tratta di bambini piccoli che sfuggono al controllo degli adulti.
Nonostante tutto, però, rispetto al passato le cose vanno decisamente meglio. Nel Bel Paese, nei primi anni ’70, gli annegamenti erano quasi 1.400 annui; alla fine degli anni '90, circa 400, e da lì sono rimasti pressoché stabili. Negli ultimi due decenni è balzato in alto il numero degli annegamenti per malore di italiani e turisti stranieri dovuto ad una popolazione invecchiata e benestante che va al mare. Ma quali sono i luoghi dove si muore di più per annegamento? Il “Triangolo delle Bermuda” in Italia va da Gabicce a Lignano, anche se sono otto le zone a rischio.
Si tratta di: Liguria di ponente (da Savona a
Ventimiglia), Toscana (dalla foce del Magra a Piombino), Lazio, tratti sabbiosi, Campania, (Cilento, in particolare), Puglia, parte più meridionale, Adriatico, da Pescara a Trieste, Sardegna e Sicilia in vari tratti.
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