Cronache

Tutti i dubbi sul report dell'Ue che boccia la sigaretta elettronica

La strategia dell'Ue che equipara sigarette tradizionali ed e-cig non convince medici e associazioni: "L'approccio talebano è controproducente"

Tutti i dubbi sul report dell'Ue che boccia la sigaretta elettronica

Le sigarette elettroniche esporrebbero i fumatori ad un rischio "moderato" di danni all’apparato respiratorio e cardiocircolatorio, rappresenterebbero "un mezzo per avvicinare i giovani al fumo" e sarebbero relativamente d’aiuto per chi vuole smettere di fumare. Sono queste le conclusioni dell’ultimo report dello Scheer, il Comitato scientifico sui rischi emergenti in ambito sanitario e ambientale, che su richiesta della Commissione europea, ha espresso il suo parere sui prodotti alternativi alle sigarette tradizionali, che saranno al centro delle direttive Ue sulle accise e sui prodotti del tabacco.

Il report sulle e-cig

Insomma, il documento costituisce la base delle prossime scelte dei vertici europei sui prodotti da fumo alternativi e, in sintesi, conferma l’approccio adottato nello Europe’s beating cancer plan, la road map delle istituzioni Ue per ridurre l’incidenza dei tumori nella popolazione del Vecchio Continente. Nel piano anti-cancro diffuso lo scorso febbraio sigarette elettroniche e tabacco riscaldato vengono sostanzialmente equiparati alle bionde tradizionali. Questo nonostante larga parte della comunità scientifica affermi il principio della "riduzione del rischio". In fase di consultazione pubblica del report dello Scheer sono stati quasi 700 i contributi in questo senso, che si sono aggiunti a decine di studi indipendenti e ai pareri di diversi enti regolatori tra cui il Public Health England britannico, che ha già messo nero su bianco come le e-cig siano meno dannose del 95 per cento rispetto alle sigarette.

Per questo c’è chi accusa le istituzioni europee di aver adottato un approccio troppo "talebano", che potrebbe rivelarsi controproducente in vista degli obiettivi ambiziosi che si pone la Commissione: in primis, la riduzione dei fumatori dal 25 al 5 per cento in meno di vent’anni, e cioè entro il 2040. Tra le critiche principali al report c’è quella della mancata comparazione tra i prodotti innovativi e il classico pacchetto di sigarette.

La petizione

"Lo Scheer non fa capire in alcun modo se utilizzare questi prodotti implica un minor rischio rispetto all’uso delle sigarette tradizionali. Questi prodotti sono uguali? Uno è meno tossico dell’altro? Uno è meno rischioso dell’altro?", si domandano da Anafe Confidustria, l’associazione che raggruppa oltre cento imprese nel settore del fumo elettronico, che ha lanciato una petizione online per chiedere al governo italiano e al ministero della Salute di farsi portavoce in Europa della promozione di "un’analisi comparata dell’impatto sanitario della sigaretta elettronica rispetto al fumo tradizionale, attraverso un’estensione e un’integrazione del lavoro del Comitato SCHEER incaricato dalla Commissione Europea, con l’obiettivo di tutelare il diritto a una scelta informata di tutti i cittadini e consumatori".

L’iniziativa in pochi giorni ha già registrato oltre 1500 adesioni. Anche l’Anafe difende il principio della "riduzione del rischio", che consente di offrire un’alternativa meno dannosa delle sigarette a tutti quei fumatori, oltre l’80 per cento del totale, che non riescono ad abbandonare la dipendenza. "Le istituzioni non possono limitarsi a dire ai cittadini dell’Unione Europea che le sigarette elettroniche fanno male e basta, ma hanno il dovere di dirci con trasparenza se è vero che, pur non essendo prodotti completamente privi di rischi, fanno meno male rispetto alle sigarette tradizionali", incalza l’associazione, che chiede maggiore trasparenza.

I dubbi dei medici

"Sulle alternative in grado di diminuire il rischio derivante dal tabacco non servono ambiguità, ma informazioni, anche ai medici", ha spiegato all’Adnkronos anche Claudio Cricelli, presidente della Società italiana medici di medicina generale e delle cure primarie (Simg), che chiede di"dare strumenti pratici agli operatori sanitari che affrontano questi problemi quotidianamente con i loro pazienti fumatori". Per lo specialista, infatti, "non basta dire no". "Ogni giorno ci chiedono se possono fumare sigarette elettroniche o tabacco senza combustione", chiarisce. Per questo, "servono risposte pratiche". Anche chi è in prima linea per la lotta alla dipendenza, come Fabio Beatrice, professore presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Torino, che nel capoluogo piemontese ha fondato il Centro Anti-Fumo dell'ospedale San Giovanni e sta collaborando con l’Iss per la redazione delle nuove linee guida per smettere di fumare, mette l’accento sulla necessità per i medici di avere una "proposta di seconda linea" per convincere i fumatori ad abbandonare le sigarette.

Questa può essere rappresentata, secondo lo specialista, anche dalla sigaretta elettronica e dai dispositivi che riscaldano il tabacco. "Sono fissati sulla dipendenza da nicotina e non ragionano sul fatto che questa sostanza crea una fidelizzazione del cliente, ma i morti li crea il tabagismo, per questo sia il report dello Scheer che il Cancer plan rischiano di fare un buco nell’acqua", spiega Beatrice. Il medico si appella al "realismo" di fronte a misure che finora si sono rilevate inefficaci. "Il ministero della Salute italiano non ha una proposta credibile per spingere le persone a smettere di fumare, basti pensare – dice al telefono al Giornale.it – che in Italia su 12 milioni di fumatori, soltanto in 8mila si rivolgono ai centri anti-fumo, e di questi solo la metà riesce davvero ad uscirne". "La riduzione del rischio è applicata in medicina a tutti i settori. – aggiunge - Nel fumo no, cosa c’è dietro?".

"Dal report – va avanti – trapela una giusta posizione di ostracismo rispetto alle multinazionali che vendono tabacco, ma mi sembra che rimanga soltanto a livello di facciata". "Giusto aumentare le tasse sulle e-cig, ma perché parallelamente non si porta il pacchetto di sigarette a 30 euro? Perché non si vuole rinunciare a 13 miliardi di accise? Allora cos’è più importante, il bilancio dello Stato o la salute dei cittadini?", si domanda il medico.

"In questo tipo di azione così poco accorta – conclude - ci vedo più che altro una difesa degli interessi economici dei vari Paesi".

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