Cronache

Ora l'Ue è pronta a dichiarare guerra alle sigarette elettroniche

In un nuovo report atteso per metà aprile la Commissione Ue insiste sull'equiparazione tra sigarette tradizionali e prodotti innovativi. Ma in molti Paesi le sigarette elettroniche vengono usate per smettere di fumare

Ora l'Ue è pronta a dichiarare guerra alle sigarette elettroniche

"La politica deve pensare con una visione prospettica e favorire la traslazione dal tabacco tradizionale alla sigaretta elettronica". Lo ha affermato nei giorni scorsi il sottosegretario all’Economia Claudio Durigon. Il fumo elettronico, ha sottolineato l’esponente del governo, rappresenta "un'alternativa per tutti quei fumatori adulti che non vogliono o non riescono a smettere di fumare, offrendo loro un prodotto del 95 per cento meno dannoso rispetto alla sigaretta tradizionale".

Lo studio inglese sulle sigarette elettroniche

Il dato citato dal sottosegretario è contenuto nella settima recensione indipendente del Public Healt England, l’agenzia governativa di consulenza e ricerca legata al ministero della Salute britannico, pubblicata lo scorso 23 febbraio. Lo studio sul fumo elettronico, curato dai ricercatori del King's College di Londra, certifica come le e-cig siano fino al 95 per cento meno dannose delle sigarette tradizionali.

Per questo l’organizzazione da anni sostiene il principio della "riduzione del rischio", con lo "svapo" che viene proposto come alternativa alla terapia sostitutiva della nicotina. Non si tratta, quindi, di un prodotto destinato ai non fumatori, ma proprio a chi non riesce a smettere con le classiche bionde. La strategia inglese, in effetti, sembra aver già dato i suoi frutti, con 50mila fumatori che ogni anno abbandonano il fumo tradizionale per cercare di smettere grazie alle sigarette elettroniche, con una percentuale di successo tra il 60 e il 74 per cento.

Insomma, i ricercatori britannici sono convinti non solo che le sigarette elettroniche siano significativamente meno dannose rispetto a quelle tradizionali, ma che siano uno strumento utile per raggiungere l’obiettivo di liberare l’Inghilterra dal fumo di sigaretta entro il 2030.

La strategia dell'Ue che equipara sigarette tradizionali ed e-cig

Gli obiettivi dell’Ue, in questo senso, sono altrettanto ambiziosi. Nello European Beating Cancer plan, il piano per ridurre l’incidenza dei tumori nella popolazione del Vecchio Continente, annunciato lo scorso 3 febbraio, la Commissione ha messo nero su bianco la volontà di ridurre dal 25 al 5 per cento la percentuale di fumatori entro il 2040. Eppure la strategia europea va in direzione completamente opposta a quella britannica, ignorando del tutto il principio della "riduzione del rischio" ed equiparando le sigarette elettroniche e il tabacco riscaldato ai prodotti da fumo classici, nonostante ci siano decine di studi indipendenti, effettuati anche da enti regolatori, che affermano il contrario.

Per questo il documento pubblicato dalla Commissione ha attirato numerose polemiche, sia da parte dei medici che degli addetti ai lavori. Sono molti, infatti, gli esperti rimasti perplessi davanti alla strategia di Bruxelles, che prevede un incremento della tassazione sui prodotti innovativi, una semplificazione del packaging, il divieto di commercializzare gli aromi e l’estensione entro il 2023 dei divieti negli ambienti smoke-free anche ai nuovi dispositivi.

Gli esperti bocciano Bruxelles: "Ecco perché il piano Ue è destinato a fallire"

Fabio Beatrice, professore presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Torino e fondatore del Centro Anti-Fumo dell'ospedale San Giovanni del capoluogo piemontese, sentito dal Giornale.it, aveva bollato come "utopistico" il target stabilito dalla Commissione Ue. Il punto fondamentale è che la maggior parte dei fumatori accaniti non ci pensano neppure a smettere di fumare.

Per queste persone, quindi, secondo Salvatore Novo, professore ordinario di Malattie dell'apparato cardiovascolare all'Università degli Studi di Palermo e presidente del Central European Vascular Forum, intervistato lo scorso febbraio dall’Adnkronos, "sarebbe meglio passare dalle sigarette tradizionali ai nuovi prodotti". "Non sono privi di rischio, - ha messo in chiaro - ma sicuramente rappresentano il male minore, in particolare per quei tabagisti che hanno avuto un evento cardiovascolare importante e che, nonostante un quadro clinico difficile, non riescono a smettere di fumare".

L'approccio della Fda americana su rischi e benefici

Si tratta dello stesso approccio condiviso dalla Food and Drug Administration americana, che ha introdotto una categoria ad hoc per i "prodotti del tabacco a rischio modificato", nella quale possono entrare a far parte i prodotti da fumo innovativi dopo un’attenta revisione che valuta nel complesso il rapporto rischi-benefici.

Ad essere inseriti nella categoria nel 2020 sono stati due prodotti, un sistema elettronico per il riscaldamento del tabacco e il tabacco da uso orale Snus. La politica dell’ente è quella di incoraggiare i fumatori di sigarette ad optare per i prodotti considerati meno dannosi.

Il rapporto della Scheer

L’Europa, però, sembra non tenere conto degli esempi che arrivano da Oltreoceano. Non c’è solo lo European beating cancer plan, infatti, ad ignorare il principio affermato dalle autorità sanitarie britannica e statunitense, ma anche un rapporto della Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks (Scheer) chiesto dalla Commissione Ue proprio sulle sigarette elettroniche, la cui versione definitiva è attesa per il mese prossimo.

Nel 2021, infatti, l’Europa dovrà aggiornare due direttive: la Tobacco Products Directive (TPD), sui limiti alla vendita e al merchandising dei prodotti legati al tabacco, e la Tobacco Ecxise Directive (TED), sulla tassazione dei prodotti da fumo. La previsione, in base al parere adottato in via preliminare lo scorso 23 settembre, è che anche il rapporto della Scheer non tenga in considerazione il ruolo che i prodotti alternativi, come le sigarette elettroniche e il tabacco riscaldato, possono avere nella lotta al fumo.

Questo nonostante alcuni dei 691 contributi raccolti nella comunità medico-scientifica sostenessero proprio la necessità di considerare "la riduzione del danno delle sigarette elettroniche rispetto alle sigarette tradizionali".

La posizione italiana

A condividere l’approccio "quit-or-die", al netto delle critiche di chi lavora ogni giorno nei centri anti-fumo, è pure il ministero della Salute italiano. Nonostante il nostro Paese riconosca un trattamento fiscale differente ai prodotti innovativi, proprio in virtù della loro diversità rispetto alle sigarette classiche, il timore è che le sigarette elettroniche possano farsi largo e provocare dipendenza soprattutto fra i giovani, grazie a strategie di marketing aggressive e packaging allettanti.

I dati, però, raccontano un’altra storia, visto che finora l'introduzione dei prodotti innovativi, come le sigarette elettroniche e quelle a tabacco riscaldato, non hanno fatto aumentare né la percentuale di fumatori, né il tasso di iniziazione giovanile.

Anzi, l’arrivo delle e-cig e degli htp in Italia, secondo l’ultimo Libro Blu 2019 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha portato ad un calo senza precedenti del consumo di sigarette, facendolo crollare del -6,80 per cento dal 2017. Soltanto nei mesi di lockdown, per avere un’idea, oltre 600 mila fumatori hanno smesso di fumare o sono passati alla sigaretta elettronica.

Una prospettiva sulla possibile evoluzione di questo mercato è data dall’esperienza giapponese, dove a qualche anno di distanza dalla diffusione dei dispositivi elettronici un fumatore su quattro ha lasciato le sigarette per passare allo svapo e al tabacco riscaldato.

I risvolti economici della strategia Ue sul fumo elettronico

"La Commissione Europea non può chiudere gli occhi di fronte a uno strumento che in molti Paesi ha già dimostrato grande successo ed è stato inserito nelle linee guida nazionali di lotta al tabagismo, come in Francia, Nuova Zelanda, Canada e Gran Bretagna, dove la politica sanitaria ha ridotto drasticamente la percentuale dei fumatori in pochi anni passando dal 24% nel 2012 fino ad arrivare al 14% nel 2019", ha detto ad Askanews il presidente di Anafe Confindustria, Umberto Roccatti, commentando la strategia della Commissione Ue.

"Dopo tutte le evidenze scientifiche, non solo è grave considerare la sigaretta elettronica marginale nella lotta al fumo, ma ancor più assurdo paragonarla al fumo tradizionale, che causa quasi un terzo dei casi di cancro in Europa", ha aggiunto il numero uno dell’associazione che rappresenta più di 100 imprese in Italia e oltre 2.500 negozi su strada, e che genera 15mila posti di lavoro diretti e oltre 30mila indiretti.

L’Ue, però sembra determinata a procedere sulla strada dell’equiparazione tra tutti i prodotti da fumo, nonostante abbia in casa propria un esempio lampante degli effetti benefici del principio di riduzione del rischio.

In Svezia, infatti, unico Paese europeo dove è permessa la vendita di Snus, il tabacco in polvere per uso orale, secondo i dati dello European Tobacco Harm Reduction Advocates (Ethra), "il fumo è già sceso vicino all'obiettivo che l'UE ha per il 2040, con i fumatori attuali al 7 per cento". Non solo. "I tassi di fumo più bassi – continua l’organizzazione - si sono tradotti in livelli più bassi di cancro e altre gravi malattie, specialmente tra gli uomini, i principali consumatori di Snus".

A battersi in Europa per l’affermazione di questo principio sono anche alcuni europarlamentari italiani che fanno parte della commissione ENVI per l’Ambiente e la Sanità e della commissione Beca che si occupa della lotta al cancro. Uno di questi è Pietro Fiocchi, di Fratelli d’Italia, che, intervistato dal Giornale.it metteva in guardia anche sul rischio per l’Italia, protagonista negli ultimi anni della produzione di tabacco destinata ai dispositivi senza combustione, di perdere investimenti e posti di lavoro. "Le aziende che ora stanno investendo da noi – aveva avvertito - si sposteranno negli Usa, in India, oppure in Cina, con una perdita rilevante in termini sia di Pil, sia di occupazione".

"È necessario avviare un dibattito che favorisca l'adozione di un rigoroso approccio scientifico da parte delle istituzioni europee,- sottolineava anche Aldo Patriciello, di Forza Italia, citato da Askanews - affinché la riduzione del danno sia riconosciuta quale strumento di contrasto al fumo e affinché la regolamentazione e la fiscalità dei diversi prodotti a potenziale rischio ridotto, come eCig e tabacco riscaldato, si basino sul differente impatto sulla salute umana riconosciuto scientificamente da organizzazioni della salute pubblica per ciascuna categoria".

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