Uccise figlio di 5 anni soffocandolo, assolto: "In preda a delirio mistico"

Besrat Imeri, il macedone di 27 anni che nel 2018 uccise il figlio di 5 anni soffocandolo sul sedile posteriore dell'auto, è stato assolto per infermità mentale dalla Corte d'assise d'appello

Uccise figlio di 5 anni soffocandolo, assolto: "In preda a delirio mistico"

Uccise il figlio di appena cinque anni tappandogli naso e bocca ma la Corte d'assise d'appello lo ha giudicato "incapace di intendere e volere" concedendogli l'assoluzione piena.

Una sentenza che farà indubbiamente molto discutere. Così Besart Imeri, macedone di 27 anni residente in Italia, non sconterà altri giorni di carcere per il truce assassino del primogenito Hamid consumatosi circa 2 anni fa. Si tratta della decisione insidacabile decretata dalla Corte d'assise d'appello di Ancona, presieduta dal Giovanni Treré, che ha accolto la perizia eseguita dallo psichiatra Renato Ariatti riconoscendo al 27enne l'infermità mentale. L'uomo, reo confesso, dovrà trascorrere 10 anni in una struttura protetta perché ritenuto "socialmente pericoloso".

I fatti risalgano al gennaio del 2018. Sono trascorsi pochi giorni dal Capodanno. È un freddo giovedì pomeriggio a Jesi, città dove Imeri vive con la moglie Sevime di 24 anni, incinta al 7 mese di gravidanza, e i due figli di 3 e 5 anni. Malgrado la neve abbia già imbiancato le strade, il macedone decide di fare una passeggiata all'aria aperta. Recupera le chiavi dell'auto, una Toyata Yaris dismessa e porta con sè il primogenito. Passano pochi secondi e dal parcheggio le grida di Imeri segnano il manto di coltre bianca. "Hamid si è sentito male, correte", urla a squarciagola del cortile. Viene raggiunto dai parenti. Nonno Bajram allerta i soccorsi ma ogni tentativo da parte dei sanitari di rianimare il piccolo si rivela fallimentare: Hamid è morto soffocato dal padre sul sedile posteriore della vetura. Sul collo, i segni di una rabbrividente violenza, il sospetto di un infanticidio. Imeri viene condotto presso gli uffici del comandante della stazione dei Carabinieri di Cupramontana per essere sottoposto ad interrogatorio. Resta in silenzio per ore, con lo sguardo basso e senza mai versare una lacrima. Poi, nel cuore dela notte crolla: "Sono stato io. - confessa riferendosi al figlio - Io sto male, sono depresso. Da più di un anno prendo le medicine...". Cala il silenzio e l'ombra di una depressione molesta, quella che avrebbe afflitto il 27enne dopo la perdita del lavoro da saldatore, diventa un'ancora di salvezza.

Quando viene tratto in arresto, Imeri dichiara agli inquirenti che una "forza sovrannaturale" in seno alla sua religione, lo aveva tenuto sotto scacco per mesi fino al giorno dell'atroce delitto. Dunque, con l'attenuate della semi-infermità mentale – avvalorata dalla perizia a firma della psichiatra Francesco Bozzi - il macedone viene condannato in primo grado dal gip di Ancona, Francesca De Palma, a 12 anni di carcere con rito abbrevviato. Ma per l'avvocato difensore Massimo Melchiorri, l'uomo è completamente incapace di intendere e volere, dunque si decide di ricorre in appello.

Quest'oggi, la sentenza della corte d'appello d'assise che accoglie la richiesta della difesa concedendo l'assoluzione ad Imeri. L'esito dell'indagine psichiatrica condotta dal professionista bolognese Renato Ariatti evidenzia che il 27enne è affetto da un "delirio mistico-religioso" derivante da una condizione di disagio sociale resa manifesta dopo la perdita del lavoro.

La nuova perizia convince i giudici della Corte d'assise che ribaltano la condanna in primo grado. Imeri sarà trasferito dal carcere di Montecauto a una struttura di accoglienza per gli artefici di reato affetti da disturbo mentale.

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