Cronache

"Usava l'Italia come bancomat": Torna in libertà l'imam, per il gip non c'è truffa

Dopo l'interrogatorio, il giudice ha escluso gli artifici e i raggiri e non ha convalidato l'arresto di Mohammed Rafiq, ex vice imam 48enne marocchino delle moschee di Pistoia e Capannori

"Usava l'Italia come bancomat": Torna in libertà l'imam,  per il gip non c'è truffa

Torna in libertà Mohammed Rafiq, 48enne marocchino, l'imam che ha predicato nelle moschee di Pistoia e Capannori (Lucca). Il gip, infatti, dopo l'interrogatorio, non ha convalidato l'arresto e ha disposto la scarcerazione immediata dell'indagato. Le accuse di truffa ai danni dello Stato e di falsità ideologica sono state derubricate in indebita percezione di erogazione ai danni dello Stato, che non prevede l'arresto.

Il 48enne, lo ricordiamo, è stato arrestato tre giorni fa in flagranza di reato dagli agenti della Digos: aveva appena prelevato 3.400 euro dal conto corrente delle poste di via Bellaria. L'uomo - secondo l'ipotesi accusatoria - ha percepito, senza averne diritto, 30mila euro di mobilità dall'Inps. In Italia dal 2000, aveva lavorato fino al 2011 in un maglificio di Prato, mentre esercitava la funzione di vice imam nella moschea di Sant'Agostino. Risiedeva con la famiglia a Pistoia, ma moglie e figli sono tornati a Fez nel 2009. Nel 2011 l'azienda ha fatto ricorso alla cassa integrazione, e nel 2013 è arrivato il licenziamento e la mobilità.

"Per riscuotere l'ammortizzatore sociale della mobilità - aveva spiegato il vicequestore Luigi Larotonda, a capo della Digos - occorre risiedere nel Paese che la concede. Mohammed Rafiq, invece, era irreperibile sul suolo italiano dal 2013". In pratica "usava l'Italia come un bancomat", aveva aggiunto il dirigente.

Non solo. L'uomo riscuoteva in tutto 1.150 euro di assegno di mobilità, in cui erano compresi 350 euro di assegni familiari e 80 di bonus. Ma la moglie e i tre figli erano tornati in Marocco, a Fez, da sei anni.

Nel corso dell'interrogatorio Rafiq, assistito dall'avvocato Samantha Barghini, ha risposto a tutte le domande, sostenendo la sua assoluta buona fede in questa vicenda. L'uomo ha spiegato che non sapeva che la residenza fosse necessaria e aggiungendo che dopo aver perso il lavoro in un lanificio a Prato, la sua famiglia è dovuta tornare in Marocco e che lui ha fatto sempre la spola con l'Italia dove è rimasto per cercare un nuovo lavoro. Ha fatto anche domanda per la mobilità con l'assistenza di un sindacato di Prato, rispondendo sempre agli inviti che gli sono stati fatti per i colloqui.

Il gip, sulla base delle spiegazioni fornite, ha escluso la presenza di artifizi nè raggiri e ha riqualificato il reato contestato in indebita percezione di erogazione ai danni dello Stato.

La scarcerazione è stata immediata.

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