Coronavirus

Il virus infetta anche il senso della Patria

Se in centosessanta anni di storia pesa soprattutto il ricordo dell'ultimo, vissuto - si fa per dire - sotto l'assedio del virus, il risultato non deve meravigliare

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Se in centosessanta anni di storia pesa soprattutto il ricordo dell'ultimo, vissuto - si fa per dire - sotto l'assedio del virus, il risultato non deve meravigliare. L'hashtag #iononfesteggio sui social si arrampica in cima ai trending topic (gli argomenti più discussi) del 17 marzo 2021: per farla breve, migliaia di italiani questa volta non hanno tanta voglia di appendere il tricolore alla finestra. Al netto di rigurgiti neoborbonici, improbabili revanscismi e rimpianti risorgimentali, difficile credere che i nostri connazionali abbiano approfittato dei ripetuti lockdown per ripescare dall'ultimo scaffale della libreria l'opera omnia di Mack Smith o per divorare tutti i tomi Montanelli-Cervi. Per tanti, insomma, più che onorare l'impresa dei Mille oggi conta l'impresa di arrivare a fine mese con mille euro, quando va bene.

Le chiusure a oltranza, il gioco dell'oca dei sacrifici e una sfilza di messaggi contraddittori hanno offuscato la memoria e ingrigito il sentimento di una nazione. Sono questi gli effetti collaterali che dovremmo temere, altro che le percentuali di rischio a zero virgola zero di un vaccino. Riavvolgiamo il nastro allo scorso marzo: ricordate, tutti sui balconi ad emozionarsi per le Frecce tricolori, a cantare l'Inno con la mano sul cuore. Poi avremmo visto sfilare la colonna di bare per le strade di Bergamo. Eppure, angosciati dal dolore, avevamo un orizzonte di riscatto da inseguire. Nel nome del popolo italiano. Dall'«andrà tutto bene» ci ritroviamo con «meglio se adesso andiamo ognuno per la propria strada».

L'onda lunga, anzi lunghissima, dell'emergenza sanitaria ha portato a galla vecchie e nuove fratture: statali garantiti contro autonomi impoveriti; eccellenze a cui è vietato lavorare fino a data da destinarsi; un'intera generazione di adolescenti privata della socialità e dell'istruzione; medici e infermieri passati dalla beatificazione allo sberleffo da una fase all'altra dell'emergenza. Accade nell'Italia che è una e indivisibile, come no, intanto le Regioni si blindano a doppia mandata e c'è chi innalza confini immaginari. Il tutto mentre inefficienze e ritardi ci spingono ai margini dell'Europa.

La pandemia ha messo il Paese davanti a uno snodo cruciale. In questo momento, o si fa l'Italia o si muore. E non soltanto di Covid. A chi ci governa la responsabilità di portarci fuori dall'incubo, a noi cittadini il compito di «incontrarci a Teano», cioè di fare un passo avanti oltre gli schemi ritriti della contrapposizione Nord-Sud. Proviamo almeno a meritarci le parole del presidente Mattarella: «Nel distanziamento ci siamo ritrovati più vicini e consapevoli di appartenere a una comunità capace di risollevarsi dalle avversità e di rinnovarsi».

Chi oggi non festeggia l'Unità, e trova persino il coraggio di rivendicarlo con un post da bastian contrario, non troverà di certo la soluzione ai problemi continuando a dividere.

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