Cronache

Vuoi aiuto dalla Regione? Rinuncia alle cure: il paradosso in Puglia

Le famiglie costrette a non farsi rimborsare alcuni trattamenti indispensabili per i figli autistici per non perdere l'assegno di cura

Vuoi aiuto dalla Regione? Rinuncia alle cure: il paradosso in Puglia

Ancora una volta in Puglia, i cittadini sono “costretti” a scegliere fra due diritti. Non siamo a Taranto dove bisogna decidere tra lavoro e salute, ma a Barletta, dove chi è affetto dal disturbo dello spettro autistico, è chiamato a optare se fare riabilitazione o ricevere l’assegno di cura, perché non autosufficiente. In realtà a dover prendere una decisione è il familiare, nella maggior parte dei casi costretto a lasciare il lavoro per seguire il proprio figlio.

Una rinuncia troppo grande per un figlio autistico

Ne sa qualcosa Vito, papà di un bambino autistico e che ad aprile scorso, ha sottoscritto al direttore generale dell’asl di Andria, una rinuncia per il proprio figlio, al rimborso per il trattamento riabilitativo Aba, da parte della Regione. La prestazione é specifica proprio per il disturbo dello spettro autistico, ma Vito ha preferito rinunciare all’indennizzo e pagare il trattamento completamente di tasca propria, per poter usufruire dei venti punti che vengono attribuiti e che rappresentano il requisito minimo, per l’ammissione all’assegno di cura: 1000 euro al mese. Soldi che servirebbero alla famiglia, per coprire almeno in parte le diverse sedute riabilitative (non solo Aba) che il piccolo ha quotidianamente.

Un rimborso che non copre totalmente le spese

"L’anno scorso – dice Vito – solo per le sedute ABA, ho speso circa 8000 euro l’anno. C’è chi spende anche 10mila euro e più, soldi che le famiglie devono anticipare e che solo una volta presentate le fatture all’Asl di competenza, vengono rimborsate a fine anno". E pure in percentuale, in base alla disponibilità dell’Asl: "A volte c’è stato riconosciuto un rimborso del 30%, altre volte del 50%, è variabile.

"Vedersi però tolto per questo rimborso, venti punti, con il rischio di perdere l’assegno di cura destinato ai non autosufficienti, ha spinto me e mia moglie a rinunciare al finanziamento Aba, che adesso paghiamo di tasca nostra - aggiunge - Oltre alle altre attività come terapia in acqua e ippoterapia, che aiutano questi ragazzi. Solitamente richiedono un rapporto individuale con l’operatore, per questo sono trattamenti anche molto onerosi"

Si parla infatti di 50 euro a seduta per il metodo Aba per una durata di 45 minuti. Se il paziente ha un autismo grave, le sedute devono essere almeno tre volte a settimana, tenuto conto che lo specialista indica che prima si interviene e più trattamenti si fanno, migliori risultati si ottengono.

35 milioni per 8000 aventi diritto

Oltre al danno la beffa: non solo le famiglie come quella di Vito, sono "costrette" di fatto, a pagarsi di tasca propria le varie terapie riabilitative per poter ottenere l’assegno di cura, ma non c’è neanche la certezza di averlo. Questo perché la valutazione per accedere al sussidio si basa su un punteggio complessivo che tiene conto di altri fattori: disagio familiare, condizione lavorativa ed economica della famiglia. "Se il paziente ha prestazioni domiciliari in corso, non rimborsate, allora parte con venti punti - spiega Vito - Se invece ha già un finanziamento come il buono servizio per accedere nei centri privati diurni, il Red o trattamento riabilitativo finanziato (proprio come l’Aba) i venti punti non sono attribuiti e matematicamente si è esclusi dall’assegno di cura, pur avendone diritto. È una lotta tra poveri, una corsa per ottenere quanto ci spetta. Ma 'i fondi sono pochi', ci dicono da anni dalla Regione". Che ha stanziato per l’anno 2018 – 2019, 35 milioni di euro a fronte di 8000 richieste ammissibili.

Vito Montanaro, direttore del dipartimento regionale della salute, ha chiarito che anche con il nuovo bando che si dovrà presentare per il 2020 - 2021 nei prossimi mesi, sono previste le stesse regole, per cui le famiglie si vedranno ancora una volta costrette a scegliere tra assegno di cura o prestazione rimborsata o buoni servizio. Le condizioni quindi valgono per tutti i pugliesi con un familiare gravemente non autosufficiente.

Rita per esempio, che vive nella provincia di Lecce con due bambini, ha rinunciato all’assegno di cura per poter mantenere il finanziamento regionale dei buoni servizio, che le consentono di portare il più grande dei due bambini, al centro specializzato in autismo, dove fare terapia. "Anche se mio figlio ha una grave non autosufficienza per il disturbo che accusa e quindi rientrerebbe tra gli aventi diritto all’assegno di cura, ho deciso di rifiutarlo – spiega Rita - Non riuscirei a pagare l’intera retta presso la struttura dove va il piccolo, che oggi viene pagata in parte dal sistema regionale".

4500 pugliesi gravemente non autosufficienti senza assegno di cura

Una coperta troppo corta – come disse già qualche anno fa l’assessore regionale al welfare, parlando del fondo per le non autosufficienze – che ha visto 14.789 domande in Puglia per l’assegno di cura, di queste solo 8000 sono risultate ammissibili, ma 3500 sono di fatto le famiglie che hanno ricevuto l’assegno, mentre altre 4500 persone aventi diritto, sono state escluse dal finanziamento.

Ma non solo. "Ci sono trattamenti come l’Aba e non solo, inseriti nei Lea e come tali obbligatoriamente da garantire all’utenza - spiega Vito - Se il sistema sanitario pugliese non è in grado di assicurare quei trattamenti che i cittadini devono pagare presso privati, è giusto che rimborsi". Inoltre l’assegno di cura per gli autistici, nasce dal fondo nazionale per le gravi non autosufficienze come la Sla e la Sma e patologie affini che, dal 2016, comprendono anche il disturbo dello spettro autistico. Tanto è vero che il bando pugliese per l’assegno di cura, non prevede una incompatibilità tra assegno di cura e rimborso Aba, ma di fatto esclude chi lo riceve, non riconoscendo quel punteggio di 20, requisito minimo per accedere tra gli ammessi al finanziamento.

“Nel frattempo però – aggiunge Rita – la Regione oltre a obbligarci di fatto a ciniche scelte, ci impone dei tagli, come ha fatto con mio figlio, che da un mese all’altro, non ha potuto più avere quel rapporto con l’operatore uno a uno, fondamentale per chi ha un disturbo dello spettro autistico. L’operatore individuale ha un costo di 80 euro al giorno che le famiglie non ce la fanno a sostenere. Ragazzini come mio figlio che, durante le crisi, sbattono la testa contro il muro, non sono bambini che si possono lasciare e gestire insieme ad altri. Però l’Asl ci ha detto da un giorno all’altro: 'Non possiamo più pagarvi il servizio uno a uno'. La Regione non mi sovvenziona più alcun tipo di servizio, se non la terapia di base, non mi dà accesso ad altri fondi come appunto l’assegno di cura.

Ma in una famiglia, dove lavora necessariamente solo un individuo, perché l’altro come me è costretto a stare con il bambino autistico, come devo fare?".

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