Mi facevo un sacco di domande, l’altra sera, mentre cenavo al Mistral di Villa Serbelloni, hotel cinque stelle di Bellagio. Mi chiedevo perché a questo magnifico ristorante due anni fa sia accaduto di perdere la stella Michelin detenuta per molti anni (e forse una sarebbe anche insufficiente). Lo vorrei chiedere agli ispettori della “rossa”, ma so che è inutile perché loro non motivano mai le loro scelte. E ancora di più mi chiedevo perché Ettore Bocchia non rientri del ristretto novero degli chef che finiscono in tv e sui giornali, di quelli conosciuti anche dal grande pubblico che non frequenta i ristoranti fine dining.
Me lo chiedevo perché una cena al Mistral è un’esperienza davvero grandiosa. Bocchia è considerato colui che ha portato in Italia la cucina molecolare, quella branca della gastronomia che studia le trasformazioni fisiche e chimiche degli ingredienti durante la cottura e che, malgrado il nome possa indurre a diffidenza, in realtà ho lo scopo di valorizzare al massimo il sapore della materia prima e la sua salubrità. Bocchia fu l’organizzatore della prima cena molecolare nel nostro Paese nel primi anni Duemila ed è considerato un assoluto maestro, avendo inventato tecniche come l’uso dell’azoto liquido, la frittura negli zuccheri fusi allo scopo di mantenere i liquidi dell’ingrediente, l’utilizzo della lecitina di soia al posto dell’uovo in alcune preparazioni come ad esempio la maionese, l’uso dell’inulina al posto di grassi e zuccheri.
Se immaginate una cucina di laboratorio e di leggerezze siete però fuori strada. Quella del Mistral è maestosa, fatta di ingredienti unici, quasi da Re Sole. Bocchia seleziona in giro per il mondo delle materie prime romanzesche, conosce e corteggia produttori di cibi da “Pranzo di Babette”, il pavone con la cui carne prepara dei tortelli meravigliosi, il granchio della Kamchatka che lui è praticamente l’unico a utilizzare in Italia (“e non hai idea di quanto costa”, mi dice), quello che è considerato il migliore caviale del mondo, che arriva dalla Polonia e si chiama Antonius (ne mangerò di due tipologie, l’Oscietra e il Siberiano), il foie gras di Eduardo Sosa, e non alzate il sopracciglio perché si tratta di un fegato etico, prodotto da oche che vivono in Estremadura, in Spagna, allo stato brado, nutrendosi come vogliono (c’è molto cardamomo e si sente assaggiandolo) e non sono sottoposti alla pratica barbara del gavage, il nutrimento forzato. Ingredienti che costruiscono un percorso quasi favolistico, che non ha eguali in Italia. Certo, i prezzi sono alti (il menu di sette portate costa 250 euro, ma costruirsi da solo un percorso tra i piatti più iconici può portare a cifre anche maggiori) ma si tratta di un episodio davvero avvincente.
Il mio percorso è iniziato con alcuni snack: Spugna al prezzemolo con crema affumicata di capperi e alghe, Mela cotta in osmosi con gel allo zenzero e mela e polvere di lime, Nido di patata fritta con salsa barbecue, Bacio di dama al parmigiano con salsa di pomodoro datterino e infine un kombucha aromatizzata al sambuco. Poi arriva il foie gras etico di cui scrivevo sopra, in terrina con chutney di mango e banana e di lampone e con la coscia mantecata e stretta tra due chips create con la pelle dell’oca essiccata. Quindi un altro piatto sontuoso, il Calamaretto spillo (crudo alla base e fritto sopra) con percebes galiziano, capasanta di fondale, spuma di patata affumicata al nero di seppia e chips di patata viola.
Si prosegue con una “bonus track”, uno Scampo della Galizia, con spuma di patate, caviale Oscietra e la chela servita con olio al cipollotto. Quindi degli Spaghetti Felicetti con anguilla, angulas, fiori di zucchina e crema di limone e il Tortellino di pavone di cui ho già detto; allevato in Piemonte per Bocchia, che ne usa tutto: il petto per il ripieno, la coscia per fare il ragù che viene servito con mousse di fave e tartufo nero, carcassa per fare il brodetto.
Quindi due piatti leggendari: il Rombo che rappresenta il manifesto di cosa possa fare la cucina molecolare. La carne di un esemplare selvatico di 12-14 kg pescato nel nord della Francia viene avvolto nelle foglie di porro e fritto in una miscela di zuccheri allo stato liquido, ciò che conserva i liquidi all’interno e valorizza una texture del pesce assolutamente compatta e tenace: magnifico. Quindi l’Agnello dei Pirenei in varie preparazioni: la costoletta, la lingua, la spalla, il cervello panato fritto con maionese al wasabi, la coscia nella tajine e un brodo alla menta.
Al dolce, dopo un predessert rappresentato da un Cono con spuma di melone, passion fruit, mango e cioccolato, ecco il gelato di vaniglia mantecato davanti all’ospite con l’utilizzo dell’azoto liquido, che rende la preparazione uno spettacolo di stregoneria, una malia nebbiosa. Il gelato è servito con della pesca melba.
Il servizio è tra i migliori da me testati in Italia, il maître Luca Speroni guida con presenza scenica e sorriso una squadra che gioca di protagonista in alcune preparazioni realizzate al momento: non solo il gelato, ma anche la
mantecatura delle Linguine all’astice, la preparazione del caffè alla coccumella e dello zabaione caldo. Il sommelier Omar è un ulteriore valore aggiunto (se ce ne fosse bisogno) e gestisce una cantina di altissimo livello.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.