Tutta la vita dell'uomo corre lungo il doppio binario Natura/Cultura, due termini che non sono opposti o in antitesi, ma si influenzano a vicenda. Natura e Cultura, interagendo, costituiscono le fondamenta della formazione umana: è la dualità che permette di conoscere l'uomo.
Luca Doninelli, per privilegio del talento e per ineluttabilità del destino, lavorando ai suoi libri ha sempre cercato di capire che cos'è l'uomo. Chi è, l'uomo. La scrittura come forma di conoscenza. E così, dopo il complessissimo romanzo Le cose semplici (Bompiani), uscito nel 2015, ecco una nuova forma di riflessione, declinata nel genere racconto, sulla combinazione Natura/Cultura che conduce alla conoscenza dell'essere umano. Titolo: La conoscenza di sé (La nave di Teseo). Quattro racconti che hanno l'uniformità stilistica e di pensiero di un romanzo. Quattro racconti che sfidano i protagonisti (e quindi il lettore, ma anche l'autore) chiedendo loro: primo, «Chi sono io?», qual è la mia natura; secondo: «Che scrittore voglio essere?», a quale cultura appartengo? Forse stiamo semplificando, ma il libro - e grazie a Dio ne esistono così - è fin troppo complesso per riuscire a spiegarlo meglio.
Comunque, il primo racconto (La danza del tempo) è la biografia artistico/sentimentale di una ragazza che si veste come Boy George (quanti se lo ricordano?), s'inventa un passato da maschio e si innamora di una donna, la propria insegnante d'Accademia. A Doninelli, naturalmente, interessano poco gli orientamenti sessuali e l'omosessualità femminile, un dettaglio che riguarda solo alcuni individui. Quello che gli interessa, da scrittore, è l'essenza dell'affettività, una cosa che interessa tutti. La domanda è: «Una vita inventata è una vita falsa?» (di riflesso: cosa c'è nel buco al centro della mia anima?).
Il secondo racconto (La dolce Elisa) è un giallo, ma non narrato come un giallo (qui sveliamo la tecnica di scrittura di Doninelli: prima ha scritto a mano sul foglietto la trama della storia, un giallo; poi ha scritto il racconto così come la protagonista può vedere lo svolgersi degli avvenimenti). E la storia riguarda il destino di una bambina di dodici anni così come lo conosce una vecchia. La domanda è: «Dove vanno a finire le nostre storie?».
Il terzo racconto, che dà il titolo al libro (La conoscenza di sé), è la delicata e confusa storia d'amore fra un ragazzo e una ragazza lesbica, incerta su chi amare, la quale non può negare la propria natura, ma neppure togliersi di dosso lo sguardo di lui. E anche qui il punto non è il sesso, o il tradimento, ma - detto con una brutta parola - l'«identità». Il rapporto tra io e non-io. La domanda è: «Se il mondo svela la sua vera faccia nella menzogna, nell'ipocrisia, cosa ci resta da fare, se vogliamo mantenere un minimo di sincerità?».
E infine l'ultimo racconto, il movimento finale della sinfonia, il pezzo più bello di tutti: La festa della Liberazione, che mette in scena - uno contro l'altro, con una memorabile sequenza finale che ha il respiro e il passo epico del duello tra il maestro e l'allievo - due diverse tipologie di intellettuale (le diverse nature della Cultura?). Che in fondo sono anche - almeno crediamo - due aspetti contrapposti dell'autore, lo scrittore Luca Doninelli. Da una parte lo Scrittore con la «S» maiuscola - con tutti i suoi divertentissimi tic, il suo narcisismo, il suo presenzialismo nei salotti «giusti» - l'autore di successo, la firma inseguita dai giornali e dalle tv, lo scrittore destinato a vincere il premio Strega (chi non vorrebbe essere così?).
Dall'altra lo scrittore - con la sua coerenza, la sua fragilità, la sua solitudine - cui tutto ciò fa orrore, che non sopporta la ribalta e vorrebbe scomparire, l'intellettuale «puro» che non si misura col mercato o con i premi, ma scrive perché non può fare a meno di scrivere (chi non vorrebbe essere così?). E la domanda terribile è: qual è la nostra vera natura? Difficile rispondere. Del resto, «Una vita dedicata all'arte alla fine lascia tanti dubbi».
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