Il 1490 è un buon anno per la penisola. Il cannone tace. Per le signorie, sfumati i terrori della peste e delle guerre, principiano le vacche grasse. Anche per Leonardo, ora sulla lista paga di Ludovico il Moro, i pensieri si voltano alla speranza. E proprio da quei mesi di grazia si avvia la seconda parte del lavoro di Serge Bramly sul genio da Vinci, sesta uscita dei saggi storici sul Rinascimento offerti da il Giornale. Il metodo dello studioso è di ricomporre la biografia (soprattutto quella interiore), fino alla morte (il 2 maggio 1519 nel maniero di Cloux, tra le braccia dellultimo mecenate, il migliore, Francesco I di Valois, re di Francia) seguendo con fedeltà cronachistica le migliaia di note stilate da Leonardo sui mitici taccuini.
Quellanno è di svolta, per il quarantottenne Leonardo. Non solo perché, come leggiamo nei diari, «Jacomo venne a stare meco il dì della Maddalena, 22 luglio, detà danni 10» (è Giacomo Caprotti, detto Salaì, figlio di uno squattrinato contadino di Oreno, viso dangelo e anima nera, estasi e dannazione dei futuri anni del grande), ma perché la sua vanità di artista riceve solenne santificazione con il sigillo dautore apposto alla festa del Paradiso, culminante nel Ballo dei Pianeti e, in una sfera più profonda e duratura, perché le disperse faville dellimmane inventiva sembrano ordinarsi una spirale più virtuosa e razionale, a cominciare dallabbozzo del manuale scientifico, il Trattato sullacqua.
Per il faraonico ricevimento al Castello Sforzesco, voluto dal Moro, ammalato di astrologia, a gloria del nipote Gian Galeazzo e della novella sposa Isabella dAragona, Leonardo congegna cieli artificiali rotanti, un tripudio di luci, cupole di verzura dipinta che fanno del salone una mistica foresta, Pianeti, Grazie e Virtù che in uno spettacoloso amalgama di pagano classicheggiante e di sacro omaggiano la giovane coppia ducale. Così, oltre alle infinite anticipazioni, dalla lente a contatto per presbiti al calcolo della velocità della luce, alla dieta vegetariana, allintuizione di un nero spazio astrale, ai macchinari visivi «per fare la luna più grande», allautoanalisi vergata in liste di parole nelle pagine infinite, Leonardo apre il solco anche degli effetti speciali.
Dalle pagine di Bramly emerge un amore infinito per lacqua. Lo scienziato ne intuisce le segrete parentele con la luce (laltra sua passione, sfogata nelle magie del pennello, ma anche nelle note di fisica teorica, con quel concetto di «tremore» che è preludio alle tesi ondulatorie, con laccanito perfezionismo degli studi sullilluminazione ideale del soggetto, quasi il prontuario di un maestro di fotografia e di cinema). Laffinità tra luce e acqua è il propagarsi, onda, vortice e spirale, quellavvitarsi che detta, oltre al prototipo dellelicottero, la maliosa curva che dallarcata delle sopracciglia si snoda in labbra, spalla e indice levato dellarcano San Giovanni Battista del Louvre.
La furia dellacqua segnò Leonardo bambino: tornado, esondazioni dellArno registrate dagli annali storici. Il trauma riaffiorò in incubi, un gigante di Siria emerso dal fondo oceanico, divoratore di cetacei e scafi, disegni ossessivi di correnti arricciate, il progetto di un diluvio in affresco, di cui resta una sceneggiatura che pare profezia dellapocalisse nucleare (non era prevista larca salvifica, nel quadro colossale) e varrebbe oro sonante per un produttore di film catastrofici.
Assessori allambiente, troppo facile appiedarci la domenica: consultate Leonardo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.