Per Cassese lo Stato non è mai abbastanza

Dopo aver scritto che in Italia «il centralismo, con ciò che vi è connesso (uniformità e autoritarismo), è un grande mito polemico» (L'Italia: una società senza Stato?, Il Mulino, 2011), dunque dopo aver negato una verità lapalissiana, ovvero che lo Stato italiano stia ammorbando i suoi cittadini con burocrazia, tasse, procedure e leggi di vincolo, il giurista Sabino Cassese, membro della Corte Costituzionale, più volte proposto alla presidenza della Repubblica in quota Pd, fa un passo avanti nel nuovo libro appena uscito Chi governa il mondo? (Il Mulino).
Se infatti nel volume precedente si ferma all'Italia, dichiarando che per risollevare il Paese occorre uno Stato accentratore, non genuflesso ai poteri locali, come invece lo è dalla nascita della Nazione nel 1861 con due Costituzioni (lo Statuto Albertino e la Costituzione repubblicana) sostanzialmente inapplicate, nella nuova opera Cassese riflette sull'ordine mondiale. E anche sull'ordine mondiale applica la stessa medicina. All'Italia servirebbe un autorevole potere centrale come «agente della collettività»; al mondo intero servirebbe una struttura simile, che definisse un nuovo sistema di regole ovunque applicabili. Il giurista mostra sofferenza per una global polity «ancora imperfetta e incompleta», che «manca di organicità e avanza in modo asimmetrico e settoriale». Di fronte a un pianeta ancora fortunatamente acefalo, nel quale si moltiplicano i soggetti decisori (gli Stati, le aggregazioni come l'Europa, gli organismi non governativi, le organizzazioni multilaterali), invece di vedere questa polifonia di soggetti, questa molteplicità di centri, come una ricchezza che testimonia la diversità delle aspirazioni e dei percorsi individuali e collettivi, Cassese reagisce con la sottigliezza di una domanda: come governare tutto questo?
Alla molteplicità il giurista risponde con un bisogno di controllo e di regole uniformanti. Anche Papa Francesco però lo sconfessa. Infatti, fin dalla sua elezione, si è fatto chiamare Vescovo di Roma (dunque circoscrivendo il suo potere), e negli ultimi mesi sta rivedendo la struttura del papato, dando più poteri alle chiese locali, perciò decentrando e non accentrando l'autorità.

La commistione di ordini giuridici plurimi non si combatte governandola dall'alto. Delegificare, ovvero abbassare il tasso di leggi e regolamentazioni, è la vera strada per rispettare la diversità degli individui e dei territori.

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