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"Quello che non ti dicono": la storia del rapimento di Carlo Saronio nel libro di Calabresi

Nel libro "Quello che non ti dicono" (Mondadori) Mario Calabresi aiuta una donna, Marta, a scoprire chi era davvero suo padre. Carlo Saronio, figlio di una ricca famiglia milanese, fu rapito nel 1975 e morì subito. Lei nacque dopo alcuni mesi

"Quello che non ti dicono": la storia del rapimento di Carlo Saronio nel libro di Calabresi

L’ultimo libro di Mario Calabresi, “Quello che non ti dicono” (Mondadori), parla di Carlo Saronio. Se cercate chi fosse su Google troverete, prima del nome, queste due parole: “rapimento di..”. Siamo negli anni Settanta e questo giovane ingegnere e ricercatore, figlio di una ricca famiglia milanese, viene rapito dal Fronte Armato Rivoluzionario Operaio, una delle tante sigle di estrema sinistra che hanno deciso di imbracciare le armi. Saronio viene rapito per finanziare le attività eversive del gruppo. Ci furono tanti casi simili in quel periodo: a volte i rapimenti duravano solo pochi giorni o poche ore. Quella volta finì male: la vittima del sequestro morì poco dopo il rapimento, per una dose eccessiva di cloroformio, e i suoi carnefici portarono avanti lo stesso la trattativa con la famiglia, ovviamente senza dire nulla della morte, per farsi pagare il riscatto. I resti del giovane verranno ritrovati solo nel novembre 1978, seppelliti sotto il greto di un fosso. Alcuni barattoli di pepe bianco erano stati utilizzati per cospargere il corpo ed evitare che potesse essere trovato dai cani. Ad architettare il rapimento e la successiva messinscena per spillare soldi alla famiglia era stato un amico di Saronio, Carlo Fioroni.

Una storia triste e inquietante quella raccontata da Calabresi, che fotografa benissimo la cappa di piombo che si respirava in quegli anni, con la spasmodica ricerca di Carlo Saronio, fin da ragazzino, di trovare una propria dimensione, uscendo dalla gabbia dorata che gli avevano regalato i genitori: il piccolo Carlo non fu mandato alle elementari ma ricevette l’istruzione a casa, in mezzo al lusso frutto della ricchezza accumulata dal padre, industriale della chimica. Visse sempre con estremo disagio il sentirsi diverso dagli altri, con il nome della sua famiglia che ogni anno figurava nell’elenco di quelle più ricche della città e lui era abituato a muoversi con la Rolls Royce e l’autista. Fervente cattolico, cominciò a volersi avvicinare ai poveri e agli emarginati e poi decise di fare volontariato nel quartiere di Quarto Oggiaro, tristemente noto, allora più che oggi, per le vicende di criminalità e degrado. Carlo insegnava a leggere e a scrivere a chi non aveva avuto un’istruzione e in questa sua missione sentiva di recuperare, almeno in parte, quel contatto umano mai avuto da piccolo. Al contempo iniziò a frequentare i movimenti extraparlamentari, affascinato dall’idea di poter sovvertire quel sistema, rappresentato dalla sua stessa famiglia, che lui aveva sempre vissuto come una prigione.

Il libro di Calabresi inizia descrivendo una nuotata al mare, nelle acque limpide di Bogliasco, in Liguria, il 25 aprile 1971. L’acqua è gelata ma Carlo si butta in acqua lo stesso per fare colpo su una ragazza, Silvia. Lui aveva 17 anni e faceva la prima liceo classico al Parini di Milano, lei ne aveva sedici. I due si innamorano e terranno vivo questo sentimento anche quando per un anno saranno lontani, lui negli Stati Uniti, per fare ricerca, e lei a Milano. Da questo amore nascerà una bambina, Marta, che non ha mai conosciuto suo padre. Nacque la vigilia di Natale del 1975. Sua mamma, Silvia, aveva scoperto di essere incinta il 1° maggio, due settimane dopo il rapimento di Carlo.

“Quello che non ti dicono” nasce per la tenacia di un prete missionario in Algeria, Piero Masolo, di mettere insieme i tasselli di un dramma familiare rimosso dalla memoria. Piero è il nipote di Saronio. “In famiglia lo zio Carlo è sempre stato un tabù, non se ne poteva parlare e dunque non ne abbiamo mai celebrato l’anniversario. Io non l’ho mai conosciuto, essendo nato nel 1978, ma è come se la sua presenza/assenza aleggiasse nell’aria”.

Carlo Saronio viveva sospeso tra due mondi distanti e inconciliabili. Quando decise di staccarsi dalle pericolose frequentazioni che aveva, e di farsi una vita “normale” dedicandosi solo allo studio, alla ricerca scientifica e a costruirsi una famiglia con Silvia, ormai era troppo tardi. Quel suo “amico” che tante volte lui aveva aiutato, dandogli soldi e nascondendolo nella sua camera, lo tradì e ne causò la morte. Condannato a 29 anni, ne scontò soltanto sette grazie alla legge sui “pentiti”. Si rifece una vita in Francia. Dopo tutti questi anni “non rinnega ciò che ha fatto - racconta Piero che l’ha incontrato - è consapevole del danno ma, ancora oggi, cerca giustificazioni”.

Marta, la figlia di Carlo, per decenni ha vissuto nel silenzio. Ha pianto e ha sofferto tanto, anche quando, dopo la morte di Angela Boselli (la mamma di Carlo), le viene contestato ciò che il Tribunale aveva riconosciuto, essere figlia di Saronio. La prova del dna metterà fine alla diatriba nel 2011, quando Marta ha 36 anni: Carlo era suo padre. Le zie, da quel momento, non le parleranno più.

Piero respira da sempre il dramma di questa famiglia e, dopo tanti anni, decide che deve essere lui a compiere il grande passo, facendo qualcosa per includere Marta, farla sentire a casa, riscoprendo, sia pure nel dolore, la storia (errori compresi) di suo padre, morto quando lei non era ancora nata.

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