Cultura e Spettacoli

CONTEMPORANEI La Tate dedica una mega mostra al britannico

CONTEMPORANEI La Tate dedica una mega mostra al britannico

da Londra

Q uando c’è di mezzo Damien Hirst, la polemica è assicurata. E infatti, puntuale eccola già partita con la solita fanfara in prossimità dell’apertura della gigantesca mostra alla Tate Modern (si inaugura domani). Lui non ha bisogno di farsi pubblicità, essendo uno degli artisti viventi più quotati. Quindi c’è il sospetto che chi lo attacca voglia brillare della luce riflessa dell’uomo più odiato e al tempo stesso più amato dell’arte contemporanea.
L’ultimo attacco è arrivato proprio a una settimana dal vernissage sul quotidiano The Independent dove Julian Spalding, ex direttore dei musei di arte contemporanea di Manchester, Sheffield e Glasgow l’ha sparata grossa. Hirst è finito, ha detto, la sua arte concettuale è una truffa e le quotazioni delle sue opere a breve crolleranno. «Hirst non assomiglia a Michelangelo e le sue opere non sono arte». Non è chiaro chi abbia mai paragonato Hirst a Michelangelo, ma è invece chiarissimo che Spalding ha in uscita un libro dal titolo emblematico: ConArt - Why you ought to sell your Damien Hirst while you can (Arte concettuale, Perché dovresti vendere Hirst finché sei in tempo). Il mercato dirà se davvero Hirst è da vendere. Per il momento, l’uomo è un genio del marketing e ha anche fiuto per gli affari. Nel 2008, all’asta di Sotheby’s, aveva venduto tutta la sua collezione per la cifra di 111 milioni, un pelo prima del crollo finanziario di Lehman Brothers. «Era un mossa potenzialmente suicida, ma sono stato fortunato», aveva commentato. E vedremo quanto incasserà con il negozio allestito nella ultima sala dell’esposizione alla Tate, ove è possibile acquistare gadget a tiratura limitata e prezzo esorbitante: 36 mila sterline per un teschio di plastica; 10.500 per un servizio di 12 piatti; 480 per uno Skateboard e 310 per una sedia a sdraio. Inutile dire che Hirst è stato subito accusato di essersi svenduto.
Successo, fama e soldi. A 46 anni Hirst ha ottenuto tutto. Figlio della working class ha lasciato il suo segno da quando a 23 anni, studente del Goldsmith College, organizzò la fiera d’arte Freeze, lanciando la corrente dei nuovi artisti della Young British Art. L’accusa più comune è: non vende arte ma solo idee. Ma cosa è l’arte contemporanea se non catturare idee prima degli altri e trasmetterle nel modo più originale e provocatorio?
Alla Tate Modern ci sono tutti i pezzi più importanti. Per il quotidiano Guardian la retrospettiva è, come il suo protagonista, «un’enorme delusione» ma c’è da scommettere che il pubblico non mancherà. È possibile vedere l’installazione di The physical impossibility of Death in the Mind of Someone Living, divenuto il simbolo della Brit Art degli anni Novanta, anche se lo squalo tigre in formalina è stato sostituito perché l’originale si era deteriorato. C’è anche una delle opere preferite di Hirst, A Thousand Years, la testa di mucca mangiata da migliaia di mosche appena uscite delle larve. C’è pure il teschio tempestato di diamanti e le prime serie originali dei pallini colorati, gli spot painting che stanno al nuovo millennio come le lattine della Campbell stavano all’età di Wahrol. Gli spot painting sono già stati esposti dalla Galleria Gagosian, che in preparazione alle celebrazioni hirstiane della Tate ha organizzato una mostra intitolata The Complete Spot Paintings 1986-2011, in simultanea nelle undici le gallerie Gagosian nel mondo nelle sedi di New York, Parigi, Los Angeles, Roma, Atene, Ginevra, Hong Kong. Oltre 300 dipinti, dal primo spot su tavola realizzato da Hirst nel 1986, al più piccolo spot painting, realizzato nel 1996; ai lavori monumentali composti da quattro spot, ognuno di circa 150 centimentri di diametro; fino al più recente spot painting, completato nel 2011, con la bellezza di 25.

781 spot di un solo millimetro di diametro, i cui colori non sono mai ripetuti.

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