Cultura e Spettacoli

Il corpo non si (ri)tocca Al diavolo la chirurgia...

Guai a chi dà retta ai luoghi comuni su generi, ruoli sociali e sessualità E soprattutto a chi si fa schiavo della holding della medicina plastica

Il corpo non si (ri)tocca Al diavolo la chirurgia...

Sarà che per me ogni persona umana è preziosa e bella e brutta e maschio e femmina e bianca e nera e colta e incolta per quel che è per come e dove nasce e, soprattutto, per quel che sente che non capirò mai perché si debba mettere una maschera industrialseriale a una faccia originale.

Per esempio, menomare il corpo con i tatuaggi se non sei un Maori o un ergastolano con molto tempo libero da occupare, il piercing se non sei un Pirata dei Mari del Sud o la scarificazione se non sei un indiano Cherokee, con due seni femminili e addirittura una vagina se sei nato maschio, con un trapianto di fallo se sei nata femmina; non capirò mai che cosa significhi «sentirsi donna in un corpo di uomo» e viceversa, e sono sicuro che chi dice di sé una tale enormità sta non solo sentendo ma anche pensando all'ingrosso e che, anzi, sia sentito e pensato da un plagio sociale sull'essere donna e sull'essere uomo. Invece di dare ascolto a se stesso, questa crisalide in divenire farfalla... e subito dopo blatta... dà retta ai luoghi comuni sui generi e sui ruoli sociali e sulla sessualità fino a lasciarsene invischiare e a voler modificare il proprio corpo per adeguarvisi, guida al transito verso la mendace metamorfosi e salatissima operazione che, come la chirurgia plastica, sono diventate una vera e propria holding che pochi osano sfidare e deridere e la presente considerazione non è una trovata del momento sulla scia di un movimento di opinione atto a porre dei limiti all'intraprendenza umana in fatto di genetica, lo scrivo da trent'anni (l'albina e insospettabile Geneviève d'Orian di Seminario sulla gioventù per darsi un'aria più muliebre si sarà fatta al massimo una tisana al Dente di cane, mai e poi mai un estrogeno).

Ti senti donna e hai un pene? Ma lasciati crescere i capelli e portali pure con l'onda alla Doris Day o rapati a metà cranio e vestiti da donna (?) se ti va o non ne puoi fare a meno, ma intanto lascia stare il pene dov'è e sappi che la donna piatta, praticamente piatta quanto un uomo e l'uomo che ti ritrovi a essere, piace quanto una donna, ma meglio se donna all'origine, che porta la sesta di reggipetto. Ti stufi di sentirti donna e poi di non poter praticare nemmeno la masturbazione femminile? O ti stufi piuttosto di essere fatta sentire nient'altro che una chimera che invecchia e perde i pezzi e ritrova i peli? Tagliati i capelli, ora all'annegata per appuntire l'ovale ormai con una pappagorgia di troppo, anche se resta ancora il miglior ritrovato per camuffare l'impiallabile pomo d'Adamo, alle minigonne sostituisci i pantaloni e al tacco tredici dei mocassini con la para e non è successo niente di niente a parte il beneficio per il tuo portafoglio.

Perché la grande menzogna che ho sentito dire da tutti gli uomini operati è proprio questa: «L'ho fatto per piacere a me stessa». No, a me non la raccontate: l'avete fatto per piacere agli uomini e ai loro cliché sessisti; l'avete fatto per ovviare alla vostra omosessualità come altri vi ovviano entrando in seminario o nell'esercito; l'avete fatto perché nessuno vi ha fatto ragionare con il dovuto affetto intellettuale quando ne avevate bisogno; l'avete fatto nel tentativo disperato di sfuggire a una barbara società di arcaico pregiudizio e siete caduti dalla padella alla brace, anche se la società maschilista, donne in primis, apprezza ben di più chi ha fatto il sacrificio di impiantarsi una maschera compromissoria anziché affrontare il mondo a muso duro con la faccia, il corpo, i sentimenti che ha; l'avete fatto, e quasi sempre da bravi ragazzi siete diventati delle bestiole né-me-né-te da marciapiede, nel grande macello della carne con spaccio annesso.

Siccome ultimamente, dopo avere condannato la pratica degli uteri in affitto di madri succedanee, danno dell'omofobo e addirittura del papista a me... a me!..., non parrà vero a questi faciloni venire a sapere ora che condivido nel modo più assoluto la definizione del cardinal Ravasi di «burqa di carne» per tutte quelle facce di donna e ormai di uomo devastate dalla chirurgia plastica. La questione è più pratica che morale, e tanto che diventa economica nel senso del bel risparmio: lavorate sulla mente e lasciate in pace il corpo. Tanto, con una mente così sballata che tutto concerta per farla sballare ancora di più, il corpo non potrà che andare a carretta e vi punirà amaramente, anzi, spietatamente e, ahivoi, irreversibilmente.

Il maschile e il femminile non è un Giano bifronte dato una volta per sempre in una vita umana: cambiano i canoni esterni, anche del kitsch, figurarsi quello della bellezza, cambia l'età anagrafica e interiore, cambiano i desideri, le aspirazioni, le ambizioni, i fantasmi, la percezione di se stessi, le mode e la fonte stessa delle disillusioni, e cambia anche il dolore di aver fallito perché fallita era in origine la strada intrapresa per anestetizzarlo, ci si incaponisce invece di arrendersi in tempo e dargli ragione, e non si può prendere del cortisone contro un semplice mal di testa.

Siate e mantenetevi passeggeri, non impegnate il corpo al monte della pietà che susciterete, non datela vinta ai vostri persuasori interessati, subdoli, patenti o occulti che siano, e tenetevi pronti a scendere a ogni istante dal predellino. Certo deve essere quello di un treno, più locale è e più fermate fa meglio è, una volta in orbita nessuno vi tirerà più giù: dovreste solo buttarvi giù, e non ne vale né il pene né la tetta. Infine, se gli uomini che aspirano a diventare donna anatomicamente sapessero in anticipo quanto puzzano di fiori sfranti e acque stagnanti e di corsia di ospedale a causa di ormoni, iniezioni di porcherie varie, protesi, tralasciando il conformismo di massa cui si ispirano, se ne guarderebbero bene dall'adulterare il loro naturale, e al confronto tanto più femminilmente afrodisiaco, odore di caprone nato.

Basterebbe far ricorso quando serve alla banalità più edificante per avere la morale della storia più indiscutibile e anche salubre: ma tieniti come sei, tanto non c'è niente da cambiare fuori se non cambi dentro, ti aggiri sempre dalle parti della stessa caverna, e la clava, prova una volta a dartela in testa, magari è la volta buona.

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