Corti, dalle lettere salta fuori il "Cavallo"

Fede, entusiasmi, disillusione: ecco quando il giovane sottotenente divenne scrittore. Pronto per il suo capolavoro

Corti, dalle lettere salta fuori il "Cavallo"

«Potrò magari essere ferito o esser dato disperso, ma di una cosa voglio che vi ricordiate assolutamente: che tornerò». E, stanco nel corpo, disfatto nell'anima, il romanziere-soldato Eugenio Corti, come promise ai genitori e come era certo sarebbe accaduto, dalla Russia - dove andò di sua volontà per conoscere da vicino il tentativo di un mondo senza Dio nel cosiddetto «esperimento comunista» - tornò.

Da Besana Brianza alla campagna di Russia, andata e - come giurò - ritorno, Eugenio Corti (1912-2014), scrittore fuori da ogni gruppo e senza alcuna scuola, ha lasciato alla letteratura italiana decine di opere di narrativa, saggi, opere teatrali ma soprattutto l'epopea del Cavallo rosso , un grandioso romanzo storico uscito nel 1983 dopo dieci anni di lavoro fra raccolta di documentazione e scrittura, un longseller della casa editrice Ares ormai arrivato alla trentesima edizione. Lì dentro c'è un pezzo di Novecento italiano: gli anni del secondo conflitto mondiale, la «guerra civile», la ripresa della vita quotidiana dopo la Liberazione, arrivando fino ai primi anni Settanta... Un libro-capolavoro sul quale ora qualcosa in più ci può dire un plico di lettere che Corti, ventenne, scrisse ai famigliari fra il giugno del '42 e il gennaio del '43 durante i mesi di servizio come ufficiale volontario nell'Armir, l'Armata italiana in Russia. Lettere che si credevano disperse, di recente ritrovate dalla vedova e ora pubblicate col titolo «Io ritornerò». Lettere dalla Russia 1942-1943 (Ares, pagg. 248, euro 14; a cura di Alessandro Rivali). Percorse da una granitica fede cristiana, dalla convinzione di eseguire il proprio dovere di italiano e di uomo, fra l'entusiasmo della partenza, la «facile» avanzata iniziale e poi il faccia-a-faccia coi primi morti, fra carni congelate, uomini pietrificati dal ghiaccio e un montante senso di sfascio morale, le pagine che il giovane sottotenente invia a casa torneranno in forma narrativa - ecco l'importanza del carteggio fino a oggi inedito - nei suoi libri più importanti: prima I più non ritornano (romanzo sulla ritirata di Russia uscito nel '47 e che piacque a Benedetto Croce e Mario Apollonio) e poi, appunto, Il cavallo rosso . Da appunti di poche righe su quella disumana «ghiacciata anabasi» nascono intere pagine di romanzo.

Lettere, come nota Rivali nell'introduzione, che «hanno una vivacità, una presa “cinematografica”, che lasciano intuire il talento dello scrittore che verrà». Uno scrittore che racconterà sempre il mondo secondo Verità e bellezza.

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