Sollevare un sasso e trovarci sotto un mondo, appena nato e brulicante. Quello delle startup culturali: realtà spesso diverse fra loro ma accomunate dalla ricerca di nuove vie per far crescere questo settore in Italia. Con lo sguardo rivolto all'innovazione e i piedi ben piantati su un progetto di business, perché con la cultura si mangia, se si impara come fare. Gli esempi non mancano, e l'industria del terzo settore se n'è accorta: basta pensare ai progetti delle dieci startup di editoria tecnologica, sette delle quali italiane e tutte con meno di tre anni di vita, che dall'8 all'11 maggio saranno presentati per la prima volta al Salone del libro di Torino.
Storie di successo, come quella della piattaforma 20lines nata a Treviso, che consente di leggere, scrivere e condividere racconti brevi. L'esordio due anni fa proprio al Salone, ora il ritorno con alle spalle una comunità di oltre 70mila scrittori e lettori, più di 10mila storie pubblicate e un'app in sette lingue. A inizio 2014 il lancio, insieme ad Amazon e Rizzoli, di «Bigjump»: il primo concorso dedicato agli autori della piattaforma.
Progetti che hanno sfondato, come quello della startup di Lugano Newscron, che permettono di aggregare notizie provenienti da diverse fonti e leggerle da una sola applicazione. In 14 mesi diventa il primo aggregatore di news online a livello europeo, con oltre 30 milioni di articoli letti in Italia solo nel 2013.
Chi pensa che l'ebook non sia nient'altro che il trasferimento in pdf di un volume dia un occhiata al software della Pubcoder di Torino, che permette a chiunque di realizzare un ebook arricchito di animazioni, video e suoni. La sua versione di prova, lanciata a ottobre 2013, è già utilizzata da migliaia di persone. Stesso fase per il progetto di ricerca bibliografica intelligente elaborato dalla TwoReads di Venezia. «Perché per ogni libro ne esiste sempre almeno uno collegato», spiega il fondatore Alessandro Guarnieri, designer grafico classe 1985. Folgorato da The Gutenberg Galaxy di McLuhan in aereo tra Venezia e San Paolo, dove lavorava, decide di tornare in Italia e a inizio 2014 trova le persone giuste per sviluppare l'idea. L'obiettivo è quello di orientare il pubblico nella scoperta di nuove letture, trasformando ogni libro in un ipertesto aperto a rimandi e citazioni.
Sullo stesso filone il progetto di Federico Mirarchi e Roberto Piazza, pubblicitari milanesi poco più che trentenni che a fine 2012 hanno dato vita a SPAM Magazine, la prima e unica rivista in realtà aumentata. Si può leggere in modo tradizionale o con il proprio smartphone o tablet, approfondendo gli articoli con video, foto, link a shop online e animazioni 3D.
E proprio al Salone debutterà G.R.I.M.M., l'app-libro di tre imprenditrici, mamme e professioniste del digitale torinesi pensato per bambini da 0 a 8 anni. «L'idea nasce dall'esigenza di ridurre il numero di libri presenti in casa», spiega Cristiana Calilli, una delle fondatrici e blogger di 100% Mamma. L'applicazione avrà al suo interno una fiaba e un menù che sbloccherà contenuti diversi a seconda delle fasce d'età. Musiche e colori personalizzati arricchiscono il tutto. «È pensata anche per aiutare i bambini con deficit di apprendimento, autistici o dislessici. Il concetto poi, può essere esteso anche allo studio di altre materie o delle lingue». Per sviluppare l'app servono 6mila euro e lunedì prossimo partirà la campagna di raccolta fondi sulla piattaforma Eppela. L'obiettivo è arrivare a 3mila entro 40 giorni: G.R.I.M.M. è stato infatti selezionato tra i progetti che Postepay potrebbe scegliere di co-finanziare. A partire da oggi, tra tutti i progetti pubblicati su www.Postepaycrowd.it che raggiungeranno il 50% del budget, lo sponsor sceglierà di aiutarne uno al mese.
E su dieci startup in cerca d'investitore una l'ha già trovato: è la Xoonia di Milano, che realizza software per interagire con uno schermo attraverso i movimenti del corpo. Ha già preso accordi con la casa editrice Multiplayer.
«Con i finanziamenti pubblici ridotti all'osso rendere economicamente sostenibile il proprio progetto è importante quanto avere un'idea brillante», dice Bertram Niessen, project manager del premio «Che Fare». Per il secondo anno il premio ha assegnato 100mila euro alla startup culturale che ha coniugato al meglio impatto sociale, innovazione e progetto di business. Ma la prova più difficile è quella del tempo. Superata al 100% dai sei finalisti della prima edizione. Tutti hanno realizzato il loro progetto, e alcuni sono pure riusciti a espanderlo. Come Lìberos, che ha vinto la prima edizione proponendo una piattaforma per collegare editori, biblioteche, scrittori e lettori sardi. Nel 2013 ha realizzato 200 eventi legati al mondo del libro per enti locali e privati, ha creato una rete di 240 operatori culturali e ora pensa di replicare il modello anche altrove.
E, per la serie non sempre si può vincere anzi a volte è meglio così, il caso del progetto #Lunafalò, presentato dalla fondazione Cesare Pavese. «Se avessimo vinto avremmo sviluppato i workshop proposti - racconta Pierluigi Vaccaneo, direttore della fondazione - così non è stato quindi abbiamo scommesso sullo sviluppo dell'idea iniziale, ovvero la riattualizzazione di La luna e i Falò attraverso Twitter». Una intuizione che porta Vaccaneo, Edoardo Montenegro e Paolo Costa, a mettere a punto il metodo Twitteratura, un nuovo modo di rileggere e riscrivere i grandi classici attraverso battute da 140 caratteri.
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