Il dolore di un padre diventa un atto d'amore

«Comprato libro Socci... Preparo fazzoletti...». Questo sms me l'ha mandato un'amica, persuasa all'acquisto dalla mia insistenza e dalla precedente frequentazione dell'autore. Lettera a mia figlia avevo iniziato a leggerlo dopo l'ospitata di Socci nel salotto di Daria Bignardi: l'invasione di un extraterrestre nel clima vanity delle Invasioni barbariche. Anche da lì può venire qualcosa di buono. Il nuovo libro di Socci (Rizzoli, pagine 198, euro 16,50) è la continuazione ideale del precedente Caterina (Rizzoli, 2010), nel quale raccontava il dramma che aveva travolto la sua famiglia a causa dell'improvviso arresto cardiaco della figlia ventiquattrenne, sopravvenuto la sera del 12 settembre 2009 mentre era a mangiare la pizza con le amiche. Era il «diario di un padre nella tempesta» che aveva mobilitato una rete di preghiera attorno alla vicenda di Caterina che il 7 gennaio 2010 si era inopinatamente risvegliata dal coma. Da allora di cose ne son successe parecchie. E anche se qualcuno può storcere il naso per la pubblicazione di un diario su una disgrazia così intima, sono convinto che Socci abbia ormai un dovere, quasi il compito di aggiornare i suoi lettori, un intero mondo, sull'evoluzione di un'esperienza tanto singolare e profonda.
Aprendo Lettera a mia figlia, fin dalle primissime pagine si è investiti da un'ondata di dolore e di amore. Un po' come quando si alza il coperchio del baule dei pirati e si è abbagliati dai riflessi dei preziosi che vi riposano. Questo nuovo diario è uno scrigno di religiosità profonda, coltivata con la lettura dei grandi mistici, documentata da folgoranti citazioni in apertura di ogni capitolo. Un breviario di fede alimentata nelle capitali della devozione, da Lourdes a Medjugorje, e dalle testimonianze di persone che hanno vissuto le prove più drammatiche nella partecipazione alla passione di Cristo. Come accaduto alle quaranta Piccole suore della Sacra Famiglia morte prestando servizio all'ospedale per malati di tubercolosi Pizzardi di Bologna. Oppure a Enrico e Chiara, giovanissimi sposi uniti nella decisione di mettere al mondo due figli sapendo che sarebbero subito morti. E separati solo dal tumore diagnosticato a Chiara quando finalmente arriva un terzo figlio sano. O ancora, la travolgente testimonianza delle famiglie comasche che hanno dato vita a «Cometa», vera cittadella di accoglienza per bambini e ragazzi disagiati. Nell'autunno 2010 Socci intervenne anche nel dibattito provocato dal programma di Raitre Vieniviaconme che ripropose, esaltandole, le vicende Welby ed Englaro. Su Libero Socci vergò un'accorata lettera a Saviano, invitandolo ad andare a trovare Caterina: «Ti accoglierò a braccia aperte... Vieni senza telecamere, ma con il cuore e la testa con cui hai scritto Gomorra...». Ma l'invito cadde nel vuoto.
Non sono invece rimaste senza risposta le preghiere dell'autore e di tanti amici se è vero che ora Caterina sta meglio. L'interrogativo di Socci è se sia più cristiana la rassegnazione e l'accettazione disarmata degli eventi o se sia legittimo «disturbare» il Padreterno con le proprie esortazioni. Sulla scorta del Vangelo, del curato d'Ars («C'è un uomo più potente di Dio.

È l'uomo che prega!!!»), Socci sceglie senza tentennamenti la seconda strada e ci fa incamminare dietro un «Re umile e potente» fino all'ultima, commovente, pagina di questo struggente diario. Al termine del quale i fazzoletti sono ricolmi di gratitudine.

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