
Caro direttore Feltri,
mi spiega una cosa? Com'è possibile che il sindaco di Milano, Beppe Sala, dopo lo scandalo che lo riguarda, sia ancora seduto sulla poltrona di Palazzo Marino come se niente fosse? E non solo: si permette pure di dire che restare sia un bene «per la città, per la destra, per la sinistra», praticamente si crede una benedizione per l'intera umanità. Ma si rende conto? Io dico che se ne dovrebbe andare. A casa. Anzi, fuori dai piedi. Che ne pensa lei?
Alessio Bianchi
Caro Alessio,
capisco il tuo sconcerto e ti assicuro che non sei il solo ad aver storto il naso nel sentire Beppe Sala autoproclamarsi «bene comune» della politica italiana, come se la sua permanenza a Palazzo Marino fosse indispensabile per l'equilibrio dell'intero sistema democratico. Francamente, mi pare che l'uomo abbia una considerazione di sé piuttosto generosa, diciamo così.
Affermato ciò, vediamo di essere lucidi. A me Sala non piace. Non mi sta simpatico, non lo trovo brillante, né tantomeno necessario. L'ho scritto e dichiarato mille volte: non è il mio sindaco. Eppure, e qui la sorprenderò, non per questo dovrebbe dimettersi.
Sì, perché in uno Stato di diritto non basta che uno stia antipatico, che sia impacciato o che venga travolto da uno scandalo mediatico per essere sbattuto fuori ed essere privato di una carica pubblica. In Italia siamo diventati specialisti nel giustizialismo isterico, quello che ti crocifigge prima ancora che si capisca di che reato sei accusato.
Ma io non ci sto. Perché ammettiamolo: questa vicenda, che campeggia ogni giorno sui giornali, è un pasticcio confuso, un ginepraio di telefonate, messaggi, ombre, allusioni. Si parla di chiamate a giornalisti per far «correggere» la realtà. Si parla di gestione cupola. Ma i fatti concreti? Le responsabilità chiare? Le prove? Per ora, non si capisce un accidente. O sarò scemo io?
Non è chiaro se Sala sapesse, se abbia agito in mala fede o se sia soltanto il sindaco sprovveduto di una città gestita da altri. E fino a quando non sarà accertato nulla, non possiamo comportarci come fossimo nel Medioevo, dove bastava il sospetto per mandarti al rogo. Poi, chiariamoci: Sala non è indispensabile, come lui vorrebbe farci credere. Milano può tranquillamente andare avanti senza di lui. Anzi, in certi aspetti (vedi traffico, cantieri infiniti, piste ciclabili kamikaze), forse andrebbe avanti meglio. Ma Sala è stato eletto, piaccia o no, democraticamente. E quindi ha il diritto, anzi, il dovere, di restare dov'è, finché non ci sarà una ragione seria, concreta e accertata per cacciarlo. Le indagini servono a questo: a fare luce. Non a far partire processi sommari nelle redazioni e nelle piazze. Perciò, caro Alessio, metti l'anima in pace. Non mi piace. Non lo voterei. Ma non lo caccerei senza sapere se ha sbagliato davvero.
Aspettiamo, giudichiamo quando avremo i
fatti. Non prima. E intanto, lasciamo che Beppe si goda il suo ruolo da protagonista tragico, seguiti ad amministrare male, su mandato popolare, convinto di essere insostituibile. Lo è quanto un semaforo rotto in una rotonda.