E alla fine il libro proibito entrò al Salone

Cronache da Torino. Così l'autrice del volume su Salvini censurato dalla fiera entra da semplice visitatrice. E scatena flash, proteste, sostegno e cori "Bella ciao"

E alla fine il libro proibito entrò al Salone

C’è la Costituzione, c’è l’Etica, c’è la legge, ci sono gli “indirizzi” del Comitato del programma, ci sono gli accordi commerciali, ci sono le decisioni del governatore della regione Piemonte Chiamparino e del sindaco di Torino Appendino, ci sono le provocazioni, le polemiche sui giornali, ci sono i boicottaggi e le censure. E poi c’è la semplice libertà. La libertà di Chiara Giannini (l’autrice del libro-intervista a Matteo Salvini pubblicato dall’editore Altaforte, “vicino” a CasaPound) di entrare al Lingotto e farsi un giro per i corridoi con il volume incriminato sotto il braccio.

E alla fine il libro dello scandalo, pietra di carta e d’inciampo dell’edizione 2019 della Kermesse, con l”K”, entrò al Salone del libro di Torino.

Ieri mattina Chiara Giannini, non potendo esporre il proprio libro nello stand di Altaforte, perché espulso all’ultimo minuto dalla fiera torinese in quanto incompatibile con l’indirizzo etico (diciamo così) del Salone , ha preso due decisioni. La prima, annunciata con 24 ore di anticipo, è stata quella di presentarlo con un blitz fuori dal Lingotto, in un albergo nel centro della città, protetta da tre blindati dei Carabinieri: evento strapieno, 300 persone, vendute tutte le copie disponibili e un rammarico: “E’ stato un peccato non poter parlare dentro il Salone con Halina Birenbaum”, la sopravvissuta a Auschwitz che aveva chiesto ai vertici della manifestazione di scegliere tra lei e l’editore “fascista”. La seconda, nel primo pomeriggio, è stata invece di entrare al Salone come una normale lettrice-visitatrice, o quasi. Era scortata dalla Digos. La giornalista ha attraversato tre Padiglioni, parlato con cronisti e tv, trovato il tempo di silurare Nicola Lagioia (“Spero di tornare l’anno prossimo con un altro direttore”, ha detto), guardarsi in giro, farsi riprendere dalla troupe della trasmissione “Quarta Repubblica”, e arrivare all’Oval. Qui, accompagnata dai poliziotti e un entourage di curiosi, colleghi giornalisti e lettori, ha puntato lo stand della Feltrinelli, le cui librerie – o almeno, una parte – hanno nei giorni scorsi chiesto al proprio editore di non vendere il libro pubblicato da Altaforte “Io sono Matteo Salvini” (ma si può ordinare sul sito, con lo sconto). La giornalista sotto osservazione speciale si è messa davanti alla gigantografia di Inge Feltrinelli, sotto la frase-slogan della casa madre “I libri sono tutto. I libri sono la vita”, e ha risposto a chi le chiedeva cosa ci facesse qui: “Non sono fascista, non sono schierata, sono una semplice giornalista che ha deciso di intervistare un leader politico. Eppure qualcuno ha preteso di censurare il mio libro”. Selfie, marketing e ideologia. E molto nervosismo.

“Ma chi è questa?”. “Perché ci sono i fotografi?”. “E’ la giornalista che ha scritto il libro con Salvini!”. Ressa, sconcerto, “Ma come si permette?”, “Brava, hai fatto bene!”. “Sta provocando”… Un addetto allo stand, camicia sudata, badge di riconoscimento e pugno chiuso alzato, intona “Una mattina mi son svegliato,/ o bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao!”.

“Ciao, come stai?”. “Ma cosa sta succedendo?”, “Ah, e qui anche tu?”, “E’ un circo”. Una signora grida “Vergogna”, “Abbi rispetto di Feltrinelli”. “Hanno censurato i miei libri”. Un ragazzo chiede se è una performance futurista. “Oh partigiano portami via,/ o bella ciao, bella ciao/ bella ciao ciao ciao”. Una coppia si unisce al coro. “O partigiano portami via/ che mi sento di morir”. Tutti si voltano, molti non capiscono, qualcuno è contro, qualcuno a favore, uno che passa per caso chiede: “Ma che Salone è?”.

La giornalista se ne va, la Digos apre un percorso tra la folla, resta solo nelle intenzioni l’idea di passare anche dalla sala Oro, che alle 16 ospita l’incontro con Roberto Saviano, e c’è già la coda che serpenteggia lungo mezzo Oval. I giornalisti hanno qualcosa in più da scrivere, l’autrice del libro più citato di tutti i cinque giorni del Salone (altro che Cortázar e Bolaño) invece è già a prendere il treno: nei prossimi giorni ha un lungo tour di presentazioni. “Ricevo inviti da ogni parte, andrò anche a Londra”.

Le presentazioni scorrono via, tutte piene di gente e una tensione che si sfoglia. Su una porta dei bagni nel corridoio sotto la balconata della Sala stampa, per dire il clima del momento, tra goliardia e toni inutilmente sopra le righe, appare la scritta: “Raimo, a un tuo segnale siamo pronti a scatenare l’inferno”. Sembra il Salone dei libri maledetti. I roghi ai tempi del sovranismo. Un inviato della trasmissione di Nicola Porro ha comprato in uno stand una copia de “Mein Kampf” di Hitler e gira facendo interviste chiedendo: “Perché questo libro si può comprare e quello di Altaforte no?. E un editore che ha banchetto di libri dell’ultra-sinistra ideologica glielo toglie di mano e comincia a strappare le pagine. E intanto – perché le parole di carta qui non trovano pace – arriva la notizia che allo stand della casa editrice Milieu è annunciata la presenza di Pancrazio Chiruzzi, pluripregiudicato che da due anni è uscito da carcere, e qui presenta il suo libro “Io sono un bandito” (ma alla fine ci saranno solo quattro ascoltatori e cinque refusi) in cui sostiene - citiamo dal profilo social - che “La rapina è un’arte e se la vivi come un’avventura vai in esaltazione”.

I familiari di una delle sue vittime, Amedeo Damiano, ammazzato a Saluzzo nel 1987, protestano, mentre il sindaco della cittadina ha già scritto una lettera aperta alla coppia Chiamparino-Appendino e agli organizzatori della fiera torinese: “La scelta di presentare il libro al Salone è inopportuna e offensiva”.

E ora, cosa faranno al Lingotto? Tanta gente, fin troppi libri, molte grane. Mai una gioia.

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