Per poco non ha raggiunto il secolo di vita, come invece accadde al suo celebre padre. Giuliano Prezzolini, figlio di Giuseppe (1882 - 1982), il fondatore de La Voce, è morto venerdì scorso nella sua casa di Firenze, vicino a Ponte Vecchio.
Nato nel capoluogo toscano nel 1915, dopo il rientro «a casa» del padre da Roma, Giuliano ebbe questo nome in omaggio a «Giuliano il sofista», lo pseudonimo usato spesso su giornali e riviste da Giuseppe. Giuliano è stato attento e fedele custode delle memorie del padre, curatore di vari suoi libri incluso il Diario, pubblicato in più volumi da Rusconi, e sostenitore dell'«Archivio Prezzolini», conservato alla Biblioteca cantonale di Lugano, la città dove Giuseppe si era trasferito nel '68. Nel gennaio del '94, in un'intervista Giuliano si complimentò con Indro Montanelli, il fondatore del Giornale, quando questi aveva deciso di chiamare La Voce, come la testata creata dal padre, la sua nuova avventura giornalistica.
«Senza retorica - disse Giuliano - ammetto di aver provato una grande commozione quando ho appreso la notizia che Montanelli sarebbe intenzionato a fondare un nuovo giornale e a chiamarlo La Voce in ricordo di mio padre Giuseppe. Ritengo che il richiamo alla Voce sia quanto mai attuale perché i problemi sollevati dalla rivista fiorentina fondata nel 1908 sono ancora vivi, e mi riferisco alla sprovincializzazione dell'Italia che ancora non si è avverata, sia in campo morale, letterario e politico». Quanto a Montanelli, Giuliano Prezzolini lo definì «l'uomo più vicino a mio padre, di cui è stato anche un grande amico continuando ad ispirarsi al suo spirito». Il figlio del fondatore della Voce confessò di aver letto fedelmente per molti anni Il Giornale di Montanelli «come tutti gli italiani di buon senso».
Tuttavia non prese posizione sulla scelta di Indro di lasciare la sua «creatura» per motivazioni di ordine politico, vista la «discesa in campo» del suo editore Silvio Berlusconi. «I dissidi? Il giornalismo è fatto così. Sulla sua decisione di lasciare Berlusconi non posso dire nulla, perché soltanto l'interessato può essere il giudice di se stesso», commentò Giuliano.
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