Johnny Winter settant'anni di vero blues

Un disco a lui dedicato non poteva che intitolarsi True to the Blues, ovvero fedele al blues come l'albino Johnny Winter è stato ed è da decenni. Domenica compirà 70 anni (festeggerà con un concerto al B.B.King Blues Club di New York) e, nell'occasione, uscirà un cofanetto di quattro cd che compendia il meglio della sua produzione. Magro per non dire scheletrico, coi suoi lunghi capelli bianchi e l'espressione arcigna è un simbolo del blues elettrico dagli anni Settanta ad oggi. «Se non avessi ascoltato Johnny Winter - ha detto Joe Perry degli Aerosmith, tanto per citare un artista a caso - non avrei mai preso in mano la chitarra». Pioniere dell'integrazione tra bianchi e neri, ha suonato anche con Muddy Waters (Winter racconta spesso di aver sognato una notte, da bambino, di suonare con lui) e prodotto alcuni degli album di Waters premiati con il Grammy come I'm Ready e Hard Again.
Dal vivo - dal concerto di Woodstock ad oggi - è un iradiddio con i suoi assolo fragorosi ricchi di virtuosismo ed emotività, ed è ancora attivissimo sulla scena blues (tra le sue ultime fatiche la partecipazione all'ottimo nuovo disco di Leslie West).

Il cofanetto True to the Blues raccoglie materiale - parte registrato in studio e parte dal vivo - da ben 27 album differenti di Winter; si apre con la potenza acustica di Bad Luck and Trouble e si snoda attraverso perle come It's My Own Fault (una versione da brividi, di 11 minuti, con Al Kooper alle tastiere al Fillmore East di San Francisco nel '68) passando per classici come I Got Done Over It con Muddy Waters e James Cotton fino ad approdare ai giorni nostri con la rivisitazione di Dust My Broom (targata Elmore James) affiancato da Derek Trucks per unire passato e presente, tradizione e attualità.