Cultura e Spettacoli

Lady Dandini, regina delle banalità chic

Nel nuovo libro della presentatrice abbondano i luoghi comuni da salotto però conditi a colpi di Proust e di Borges

Lady Dandini, regina delle banalità chic

Certi svarioni del mercato editoriale generano mostri. Oppure bis inattesi. E così, «dopo il successo di Dai diamanti non nasce niente, ecco Grazie per quella volta. Confessioni di una donna difettosa che, in realtà, è l’autobiografia camuffata di Serena Dandini (Rizzoli, pagg. 252, euro 14,50). Sono fenomeni inspiegabili ma frequenti - accadono dovunque, persino nei giornali - quelli che proiettano ai primi posti delle classifiche o di certe vetrine strategiche chi meno te l’aspetti. E dunque resti così, un po’ basito, alla ricerca di una spiegazione purchessia.
Evidentemente il genere luoghi comuni da salotto condito di numerose citazioni, spesso esorbitanti, funziona. Tira. Perciò chi vieta di squadernare su 250 smilze paginette il florilegio privato di viaggi in India, giornate in albergo, colazioni in camera, impossibilità a preparare una valigia nei limiti di peso consentiti senza penali, attese in aeroporto in un «tempo sospeso»? Nessuno, anzi. Perché, sapete, «io ho un debole per le cause di forza maggiore» e mentre tutti volgarmente s’incazzano e s’informano nervosamente presso le hostess di terra quando l’aereo viene inopinatamente cancellato, «io no», rivela al mondo intero Dandini. Lei ne approfitta per visitare senza affanni il duty free, per farsi fare un massaggio cinese e una manicure accurata, o per «sdraiarsi su una chease-longue con il cappotto sulle gambe e una rivista di gossip spagnola». A differenza che nei suoi altalenanti show televisivi, qui non c’è un Dario Vergassola pronto a smontare causticamente la sua concione aristocraticheggiante.
Figlia di un padre burbero che le continuava a intimarle «magna!» e di una mamma «troppo antica» per poter esser presa a modello nei formidabili anni settanta, pieni di fermenti, minigonne e originalissimi sogni di sposare Mick Jagger, Serena Dandini de Sylva è di origini nobili. Priva di contrappunto, spazia, imperversa, svaria in ogni campo con uno spirito da eterna signorina snob, combattutissima nella scelta tra il partito delle coppie e quello dei single, come conferma il curriculum sentimentale, un paio di matrimoni alle spalle e altre liasons di cui, tuttavia, nelle confessioni si perdono le tracce. Quelle che abbondano, invece, sono o dovrebbero essere nelle intenzioni dell’autrice, le impronte della letteratura alta, diciamo alla Proust (ma anche Virginia Woolf e Jorge Luis Borges) più volte chiamato in causa, per esempio per spiegare il concetto di «comfort food di riferimento» e giustificare la passione per il cibo inoculata dal padre gastro-pedagogo: «Magna! Che fai? Lasci quello? È la parte più bona! Devi impara’ cos’è il meglio della vita!». Lezione subito appresa: «Di solito mangiare di gusto al primo incontro mette di buon umore l’eventuale partner che vi ha invitato a cena. E, anche se non gliela date quella sera stessa, non subirà l’umiliazione di pagare un conto salato dopo aver visto il prezioso cibo distrattamente abbandonato nel piatto».
Dandini è la versione ridanciana, pigrissima, frivoleggiante di quella signorina snob di lunga tradizione. Qualcuno si ostina a dipingerla come una Wonder Woman che si slancia intrepida davanti a ogni ostacolo. In realtà, dietro la maschera «si nasconde una piccola, fragile signorina di altri tempi, tutta sospiri e singulti». Non tanto per le bazzeccole che affliggono noi persone comuni come l’incedere inesorabile della vecchiaia o la paura della morte, fugata per sempre quando ha visto comporre una salma con le tecniche in uso nella zona del Gange. No, Dandini si fa prendere dalla «tristesa», non la vera «saudade», né la più nobile malinconia, per certe incongruenze nel bon ton, tipo i deprimenti fantasmini indossati dagli uomini con i piedi incapsulati nelle scarpe da ginnastica. O «i vestiti quotidiani dei cantanti d’opera, tenori e baritoni quando sono in borghese». Quanto a lei, com’è noto, ama il total black. Però, si badi bene, i neri sono tanti e hanno grammatiche diverse. Perciò, «per capire qual è il mio comfort dress di riferimento dovete scoprire, se ancora non le conoscete, le opere del pittore romano Piero Pizzi Cannella».
Sospiri e singulti, dunque. Perché le donne soffrono di scarsa autostima a causa della famosa mela offerta da Eva al suo partner. E a causa dell’imbarazzante pubblicità degli assorbenti igienici, ma anche di quelli dell’intervallo tra un ciclo e l’altro. Con tutto questo, però, non è il caso di formalizzarsi troppo, quello che conta è l’art de vivre. Anche quando serve farsi una ragione delle sbandate del partner mentitore perché, in fondo, non c’è «niente di più sexy di un bugiardo seriale se è un galantuomo nei momenti che contano».


Quando cioè si presentano, tumultuose, le amate «cause di forza maggiore».

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