Si può credere davvero a un'enormità del genere, a una fola come questa, a «simili stravaganti chimere»?
Si può credere - si domandò a un certo punto della carriera Dino Buzzati, dopo l'uscita di Bàrnabo delle montagne, del '33, e di Il segreto del Bosco Vecchio, del '35 - che uno scrittore possa vivere solo del proprio lavoro di raccontatore di storie? Una domanda assurda in realtà, allora come oggi, tanto surreale da costruirci sopra un racconto. Bellissimo. Che Dino Buzzati - scrittore che per sopravvivere face tutta la vita il giornalista - s'inventò per l'Almanacco (Anti) letterario Bompiani del 1937, e da allora mai più ristampato, fino a oggi: L'uomo che viveva di diritti d'autore (Henry Beyle, pagg. 40, euro 22; con una nota di Lorenzo Viganò). E così, con un incipit perfetto («Per quanto enorme possa sembrare la cosa, si narra che esistesse, e forse esiste tuttora, un uomo che viveva di diritti d'autore. A quei tempi la notizia menò gran scalpore ...») Buzzati racconta, dietro la finzione dell'inchiesta giornalistica, genere cui era aduso al suo Corriere, di come il direttore di un quotidiano straniero, di passaggio a Molfetta, scopra per caso che esiste in Italia - cosa incredibile! - uno scrittore che coi propri libri guadagna tanto da poterci vivere, e ne dà notizia sul proprio giornale, ovviamente scatenando i colleghi italiani («alcuni dei quali non si lasciarono sfuggire l'occasione per lamentare che si dovesse sempre attendere il plauso degli stranieri per scoprire le glorie nostrane») che si gettano alla caccia del misterioso scrittore.
Lo troveranno?
Raccontato quasi 80 anni fa, l'«assurdo sogno in cui l'umanità, un giorno, a torto o a ragione, s'illuse» risale a un tempo ancora più lontano, «in sul finire d'un durissimo inverno (gelarono si ricorda persino le fiamme dei ceri in Duomo)».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.