«È un pulcino che ha salvato le parole di grandi elefanti», poetava Alda Merini nel Manifesto del pulcinirismo dedicato all'amico Alberto Casiraghi. Per capire che cosa sia il pulcinirismo potremmo raccontare di Casiraghi da Osnago, classe '52, che stampa, unico in Italia, un libro al giorno: Pulcinoelefante è il nome della sua casa editrice, e il verso di Alda spiega tutto sul senso del nome.
Potremmo raccontare di Casiraghi, anzi Casiraghy, come per vezzo ama firmarsi, che utilizza raffinata carta tedesca, la taglia a mano e compone sempre a mano con i caratteri mobili le scritte dei libercoli, versa l'inchiostro da un enorme calderone che pare un pentolone magico per poi stampare al torchio un breve testo - un verso poetico, un aforisma, un'intuizione - e una curata illustrazione, spesso firmata da Adriano Porazzi, che ora non c'è più. Potremmo dire del filo e dell'ago utili a cucire insieme le due pagine per confezionare questi pulcini di carta. Potremmo raccontare poi che di questi libri Alberto Casiraghy ne stampa al massimo una trentina di copie, la metà delle quali per se stesso, l'altra per l'autore-committente. Potremmo dire che stampa libri a chiunque glielo chieda, purché disposto a passare una giornata con lui, nella sua casa-laboratorio. Potremmo dire che questo lavoro (o arte?) dura da trent'anni, e che siamo alla pubblicazione numero 8888. Quasi novemila volumi, di cui oltre un migliaio nati dalla collaborazione con Alda, due anime fuori dal mondo perse, anzi ritrovate, nelle parole. Potremmo raccontare questo, dell'amicizia tra Casiraghy e monsignor Ravasi. E aggiungere che questi pulcini sono teneri all'apparenza ma granitici nella sostanza scritta. Potremmo dire che nel mondo dell'editoria - complice la stima che gli rivolgeva Vanni Scheiwiller - tutti conoscono Alberto Casiraghy.
Lo conosce da anni anche il milanese Andrea Kerbaker, che i libri li colleziona perché «sono riserve contro l'inverno dello spirito», come spiega, citando Marguerite Yourcenar, in Lo scaffale infinito, il saggio da poco edito da Ponte alle Grazie dove sono narrate, da Petrarca a Borges, «storie di uomini pazzi per i libri». E allora quel numero, 8888, artistica follia dell'editore quotidiano che crede nella possibilità di sedurre il lettore con un aforisma bello da vedere e da toccare, non può passare senza un omaggio.
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