C'è una particolare vena surreale e ironica che da sempre caratterizza la letteratura noir ambientata a Napoli. La si ritrova in Il mio cadavere (1851-523) di Luigi Mastriani, in Il cappello del prete (1888) di Emilio De Marchi e in La mazzetta (1976) di Attilio Veraldi. La città ha sempre vissuto un rapporto contraddittorio nei confronti dei vivi e dei morti, come ha evidenziato un narratore verace come Maurizio De Giovanni nelle avventure del Commissario Ricciardi e come ha sottolineato anche Stefano Piedimonte nelle sue irriverenti commedie noir. Non stupisce quindi che l'esordiente Antonio Menna dimostri di aver fatto propria quella lezione in Il mistero dell'orso marsicano ucciso come un boss ai Quartieri Spagnoli (Guanda, da domani nelle librerie).
Il ritrovamento di un cadavere è sempre una notizia che dà adito a molti pettegolezzi, a Napoli. Questa volta la cosa è ancora più sconvolgente perché a essere trovato nel mezzo di uno dei quartieri più popolari della città è il corpo gigantesco di un orso. A vederlo, alle cinque del mattino è lo spiantato giornalista Tony Perduto, in un'ora in cui soltanto pasticcieri, fornai e fruttivendoli iniziano le loro attività. Il gigantesco corpo di un animale che sembra quasi un King Kong è sdraiato a testa in giù sul selciato di via Speranzella, nella classica posa di «quattro di bastoni». Mentre Tony cerca di fotografarlo con il cellulare, poco per volta la curiosità del quartiere si accende a causa delle urla di una signora di mezz'età che inizia a strillare come una sirena quando vede l'orso dalla sua finestra. Tutti gli abitanti della zona si chiedono che cosa sia successo, arrivano i carabinieri, i vigili, i poliziotti, i pompieri che formano una sorta di speciale presepe dove ognuno ha il proprio ruolo, incluso il buon Tony Perduto, convinto di essersi imbattuto nello scoop che cambierà la sua carriera.
Per portare a termine il progetto, il giovane affronterà un'indagine ingombrante quanto il cadavere da lui ritrovato e che lo metterà a confronto con camorristi, veterinari, comari, responsabili circensi, guardiani dello zoo, portandolo persino a scendere nei cunicoli della Napoli sotterranea.Una storia visionaria e allo stesso tempo realistica, quella scritta da Antonio Menna. Che ricorda ai lettori quanto assurda possa essere talvolta la realtà nei vicoli dei Quartieri Spagnoli.
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