David Tilman insegna all'Università del Minnesota e ha vinto il Premio Balzan nel 2014. È uno dei più grandi esperti di biodiversità, ed uno degli ecologi più noti al mondo. Ieri, nell'ambito delle Balzan Expo Lectures, era a Milano per un intervento dal titolo «Possiamo sostenere la salute dell'ambiente e dell'essere umano e nutrire nove miliardi di persone?». Lo abbiamo intervistato sul tema.
Professor Tilman, la popolazione mondiale è in rapido aumento, possiamo nutrire 9 miliardi di persone senza sfasciare il pianeta?
«Decisamente sì. Però ovviamente ci sono delle cose da fare. Alcune anche semplicemente a livello culturale. Prima ancora di parlare di tecnologia agricola bisogna parlare di tipi di dieta. La dieta mediterranea è sostenibile, la dieta vegetariana è sostenibile, la dieta “pescariana” (vegetali integrati dal pesce, ndr ) anche. Pensare di modellare la dieta di tutti come la dieta americana ad altissima base di carne e di grassi sarebbe un disastro. Sia sanitario che ecologico. L'agricoltura già ora è responsabile del 30% dell'effetto serra: se si aumentassero a dismisura gli allevamenti di carne rossa la situazione rischierebbe di essere insostenibile. L'agricoltura pesa più delle automobili e degli aerei sulla produzione di gas serra».
Dobbiamo coltivare meglio?
«Sì. Se utilizzo i fertilizzanti al momento giusto, e nel modo giusto, è possibile risparmiarne sino al 25%, mantenendo le rese inalterate o addirittura aumentandole. L'Europa ha fatto una normativa sul tema e i risultati sono buoni. In Cina lavorano molto sul mischiare colture che sfruttano il terreno in modo diverso. E anche questo ha ottimi effetti sulle rese. Bisogna però risolvere il problema di come meccanizzare il raccolto, su questi campi misti è più difficile. In molti casi le rese agricole sono inadeguate soprattutto per ignoranza e cattiva gestione».
Gli Ogm sono una risorsa?
«In prospettiva. Gli Ogm saranno utilissimi a lungo termine, ma non ci forniscono un aiuto a breve. A breve servono delle scelte azzeccate sulle colture che abbiamo».
In Italia va molto di moda il chilometro zero...
«Mi fa piacere se uno si coltiva la verdura. Ma il trasporto incide poco sull'impatto ecologico delle coltivazioni. In certi casi è meglio coltivare la cosa giusta nel posto giusto... Il trasporto impatta solo per il 3% del totale delle emissioni».
In molti Paesi in via di sviluppo si coltiva in maniera molto tradizionale. Su piccolissimi appezzamenti. Funziona?
«Con questo tipo di agricoltura la risposta all'aumento della popolazione può essere solo l'estensione del territorio messo a coltura. Il che porta alla deforestazione. Bisogna sviluppare forme di agricoltura più moderne, è fondamentale. Tradizionale non per forza è bene».
Però in occidente spesso la modernizzazione è stata traumatica come nel periodo delle enclosures del Settecento.
«Non sempre servono grandi proprietà o la meccanizzazione. In contesti a bassa tecnologia si ottengono grandi miglioramenti di resa semplicemente usando le sementi giuste o i concimi giusti. Di nuovo i cinesi sono un esempio. Servono investimenti e politiche nei Paesi in via di sviluppo, dove la popolazione cresce. È fondamentale».
Ma niente più bistecche?
«Mai detto. Basta non mangiare tre volte il quantitativo di carne rossa necessario. Negli Usa succede. E questo non può essere il modello».
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