In pubblico siamo colombe ma diventiamo squali al pc

Il saggio di Rudder, studioso di "big data", mostra gusti e sentimenti che esprimiamo in Rete. Quando crediamo di non essere osservati...

In pubblico siamo colombe ma diventiamo squali al pc

Una volta esistevano gli esperimenti di scienze sociali. Un professorone universitario creava un gruppo di studio con qualche centinaio di soggetti (a fare le cose in grande migliaio) e analizzava il loro comportamento in una situazione data. Nobilissima attività. Però la capacità predittiva dello studio sui comportamenti umani risulta sempre limitata. Campioni piccoli, comportamenti indotti, rischio di incompletezza. Adesso però esiste un laboratorio molto più grande dove milioni e milioni di cavie vengono studiate senza che se ne rendano conto. E così dai comportamenti umani è possibile sviluppare algoritmi predittivi e studi. Ne esamina un buon numero Christian Rudder nel suo Dataclisma. Chi siamo quando pensiamo che nessuno ci stia guardando (Mondadori, pagg. 296, euro 22). Rudder è un cervellone laureato in matematica ad Harvard. Ma a differenza di altri divoratori di numeri ha trasformato la sua passione per l'analisi statistica in un grosso successo commerciale, fondando un sito, Okcupid , che è subito diventato uno dei socialnetwork di dating (leggasi per trovare una fidanzata/o) più usati al mondo. Ecco perché sull'analisi dei dati di massa è un maghetto. E nel libro ci rivela un po' di cose sugli esseri umani e sull'uso della rete. Non sono sue opinioni, sono «nostre» opinioni confermate da miliardi di colpetti sul mouse.

Le parti più divertenti sono quelle in cui Rudder analizza la sfera dei sentimenti. Le donne preferiscono gli uomini più grandi? Sino a un certo punto. Dati alla mano dopo i 40 si accorgono anche loro che i maschietti un po' più giovani o pari età sono spesso meglio. I maschi? Dai 20 ai 50 anni continuano a preferire le donne tra i 20 e 21. Altro che fascino della donna matura...

Se poi nei fatti la scelta del proprio compagno va per altre strade, il tutto dipende da scelte tattiche che Rudder spiega di nuovo a colpi di numeri e di teoria dei giochi. La bellezza? Favorisce in qualsiasi ambito, dal profilo Facebook al sito di tagliatori di teste super professionali. Ma favorisce soprattutto le donne. Nei maschi è un dettaglio che importa molto meno. Però attenzione non bisogna piacere a tutti. Alla fine la cosa più interessante che emerge da Dataclisma (oltre al fatto che ormai esiste un nuovo laboratorio globale in cui siamo tutti cavie) è che il profilo di successo in rete, e forse non solo lì, è sempre un profilo polarizzato. Cosa funziona nel mondo? Quello che piaciucchia a tutti? No, quello che ad alcuni fa schifo e ad altri piace tantissimo. La tendenza di ognuno di noi è scegliere cose o persone su cui dire sì o no. Non ci piace dire bah. In mezzo a milioni di dati omologabili di umano resta questo: è meglio essere particolari che perfetti. Parola d'analista. Ah, attenzione a quanto tempo impiegate a scrivere nella messaggistica. Rudder ha fatto una curva. I messaggi scritti in fretta sono inefficaci, quelli scritti lentamente altrettanto. È una specie di curva della sincerità e dell'interesse che mettete nelle cose. E le persone se ne accorgono anche senza strumenti matematici.

E i preconcetti? In rete continuano a vivere come fuori dalla rete. Rudder dedica una lunga analisi alle ricerche legate alla parola «nigger» (negro) durante l'elezione presidenziale che ha visto vincitore Barack Obama. Ne esce un quadro che mostra che la diffidenza razziale anche in una società che è da lungo tempo multietnica come quella Usa resta grande. E come una febbre si sviluppa per picchi. Il suo contraltare è l'«esotico». Non ci piace quello che è molto diverso ma quello che lo è un po'. Ah, e siamo tutti razzisti: neri, gialli, bianchi, mulatti... Non è poi un'impressione che i social media sdoganino l'aggressività. Rudder mostra con grafici e curve come in rete un messaggio sbagliato che si attira l'odio possa creare gigantesche «onde» in pochissimo tempo, con milioni di persone che coprono di insulti un mal capitato (del resto lo abbiamo visto accadere con i familiari di Robin Williams dopo la morte dell'attore). Ed è questo l'unico caso in cui Rudder si permette un commento: «Possiamo considerare il sacrificio umano qualcosa che appartiene ad un passato selvaggio... ma l'istinto resta con noi».

Fa molto ridere poi la parte in cui Rudder spiega quanto siamo confusi.

On line e nella vita diciamo spesso di volere proprio una cosa o un tipo di persona. Poi nei fatti quando «l'affare si chiude» abbiamo comprato tutt'altro. E chi analizza i dati spesso lo sa. Non è detto voglia che lo sappiamo anche noi. Ma forse siamo noi a non volerlo sapere.

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