Quando l'inchiostro si fa sangue

Le opere di Melanie Francesca in mostra alla Milano Art Gallery

Quando l'inchiostro si fa sangue

"L'inchiostro è il mio sangue", dice Melanie Francesca. E di inchiostro sono fatte le sue serigrafie, fatte di memorie del passato mischiate al presente. Come quella raffigurante l'evoluzione della donna, esposta alla Milano Art Gallery di Salvo Nugnes. Al centro una figura femminile avanza su una macchina. È in piedi. Fiera. Attorno a lei, gli archi di una chiesa distrutta, simbolo della crisi dei valori che l'Occidente sta vivente. Un'altra donna, leggiadra, cammina su una gru tenendo un ombrello in mano. Procede in equilibrio perpetuo, guardando i propri passi. Sotto di lei, staccate, invece, le spose. Hanno il velo e guardano chi hanno di fronte. Quasi lo provocano. L'unica figura maschile è quella di un hippie, con occhiali da sole e bandana d'ordinanza. È la modernità che fa irruzione nel mondo. È il cambio di paradigma, l'elemento che tutto cambia. Non a caso, accanto a lui c'è, dal lato opposto, la donna provocante che tutto attrae.

La poetica di Melanie Francesca è fatta di contrasti. Come nel caso del porto. Anche in questo caso a dominare è la figura della donna. Ce ne sono due in primo piano: una ha le gambe accavallate mentre con le mani si copre i seni. Pudica, ma solo in apparenza. La donna, che si fa femmina, fissa i tanti visitatori della Milano Art Gallery. È una difesa che sa di attacco. Dietro di lei un'altra donna, occhi leggermente a mandorla e forme in evidenza. Un marinaio ha in mano un bicchiere di vino alza il pollice, non si sa se per indicarsi o come segno di approvazione. Sullo sfondo, pudico, il mare. È fatto di poche linee ed elementi, ma tremendamente chiaro. È il porto. La sua anima, tutto quello che lì si può incontrare. In una parola è la vita.

L'arte di Melanie Francesca tocca tutto il reale. Come nel caso della festa, che ha richiami di Maurits Cornelis Escher. Il tema è onirico, le donne diventano sirene dai capelli d'Idra. I manichini dietro invocano Giorgio de Chirico. Il ritmo è doppio. Nella parte inferiore della serigrafia c'è il movimento, in quella superiore l'attesa. Tutto utile a indicare le mille anime di una festa. Questo il mondo in bianco e nero dell'artista.

C'è poi il colore. Come nel caso della crocefissione di Cristo, quadro che domina il piano inferiore della mostra. Il figlio di Dio è al centro, con gli occhi chiusi e le braccia allargate. Non è sulla croce, sta abbracciando il mondo nell'ora dell'immenso dolore. A sinistra la sua stessa immagine, questa volta inginocchiata ad accettare il proprio destino.

E a destra, infine, la Madre. Il suo corpo è un cumulo di stoffa blu, dove abito e capelli si mischiano nella disperazione. Il volto è sfigurato. La morte del Figlio le ha portato via tutto. Ha portato via il Tutto al mondo. Per sempre.

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