Il Rinascimento è un prodotto da esportazione

da Firenze

La scultura? Fu l'avanguardia del Rinascimento. Senza le terracotte dei Della Robbia, niente Masaccio, senza i rilievi del Ghiberti, niente Raffaello. E Botticelli sarebbe impensabile senza la lezione di Donatello. È la tesi della mostra che oggi apre a Palazzo Strozzi, a Firenze. «La primavera del Rinascimento. La scultura e le arti a Firenze 1400-1460» (catalogo Mandragora in inglese e italiano, fino al 18 agosto, www.palazzostrozzi.org) è una mostra insolita per l'Italia. Nasce dall'idea di Beatrice Paolozzi Strozzi, discendente dal nobile casato e attuale direttrice del Bargello, il museo fiorentino che custodisce il meglio della scultura rinascimentale, e di Marc Bormand, conservateur en chef del dipartimento di scultura del Louvre e profondo conoscitore dell'arte italiana. I due hanno lavorato insieme per quattro anni, su suggerimento del direttore del Louvre, Henri Loyrette.
Che un museo italiano collabori con uno straniero non è una novità: «Solo a Firenze - puntualizza Cristina Acidini, sovrintendente del Polo Museale Fiorentino - ogni anno partono per prestiti a musei stranieri tra i 1500 e i 2mila pezzi». Ma qui c'è di più: Palazzo Strozzi ha ideato e co-prodotto con il Louvre «una mostra che nemmeno un ente prestigioso come quello francese da solo avrebbe potuto realizzare», secondo Paolozzi Strozzi. Troppe le opere in gioco, troppo complicata e onerosa la gestione dei prestiti. Il progetto condiviso, invece, funziona: a Firenze l'esposizione chiude dopo Ferragosto e da fine settembre, per quattro mesi, è al Louvre. «La stessa identica mostra sarà allestita negli spazi della Pyramide: sarà la nostra esposizione di punta per l'autunno», conferma Bormand. «Mettere in mostra il Rinascimento - commenta Paolozzi Strozzi - sembra banale, ma non lo è. Abbiamo pensato al pubblico in visita a Firenze e a Parigi, che quando pensa al Rinascimento ha in testa un bel calderone con Botticelli, Michelangelo, Raffaello ma ne ignora le origini». Invece l'età nuova ha una data di nascita: il 1401, l'anno del concorso per la realizzazione della seconda porta del Battistero di Firenze. Mentre nel resto del mondo ci si dedica al Gotico, la coppia Lorenzo Ghiberti-Filippo Brunelleschi concepisce Il sacrificio di Isacco, un nuovo modo di pensare lo spazio e la figura umana grazie alla prospettiva. I due non vincono il concorso, ma la rivoluzione è iniziata. Con la scultura, che è arte monumentale (come le statue-totem di Donatello) o «arte portatile» (bassorilievi, busti, Madonne) si diffonde per Firenze e in Toscana un nuovo codice del bello e della rappresentazione. «In un periodo dominato dalla seconda dimensione dei tablet e, in arte, dalla pittura e dai video, proponiamo una riflessione sulla terza dimensione: questa mostra va guardata con le mani, toccando le opere e girandoci intorno», spiega Paolozzi Strozzi. Aiutano, e molto, le didascalie in un percorso attento ai giovani (didascalie “tattili” e stanze-laboratorio per bambini con gessi e bronzi).
Centoquaranta le opere-capolavoro divise in dieci sezioni: le sculture di Donatello per Orsanmichele, le preziosissime formelle di Luca della Robbia, le sculture di Nanni di Banco, di Nicola e Giovanni Pisano e tele di Masaccio, Paolo Uccello, Andrea del Castagno e Filippo Lippi, per dimostrare la profonda influenza della statuaria sul dipinto. È una mostra dai prestiti eccezionali: solo di Donatello c'è la Madonna Pazzi dal Bode Museum di Berlino, una stupefacente Madonna policroma dal Louvre e la Madonna Chellini dal Victoria and Albert Museum di Londra. È una mostra furba, nel senso migliore del termine: due studiosi di due diversi musei progettano, un museo nazionale (il Louvre) e una fondazione autonoma e pubblico-privata (Palazzo Strozzi) finanziano al cinquanta per cento l'operazione (circa 2,2 milioni di euro il costo della mostra italiana) inclusa la campagna di restauri necessaria alle opere.

Spicca il restauro del monumentale San Ludovico di Tolosa di Donatello, statua in bronzo, smalti e cristalli in rocca, tornata all'antico splendore dopo un meticoloso lavoro di due anni. È l'immagine-simbolo di una mostra insolita, perché bella e utile.

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