Rolando Rivi, il martire bambino

L’hanno beatificato giusto un anno fa, il 5 ottobre 2013, a Modena. Ma per decenni, per buona parte del lungo dopoguerra, nessuno si era mai azzardato a parlare della storia terribile di Rolando Rivi, il seminarista di soli 14 anni trucidato dai partigiani rossi alle Piane di Monchio, in provincia di Modena, il 13 aprile 1945. Ora la vicenda di Rivi, ucciso in odium fidei, è diventata un caso mondiale e l’aspirante sacerdote ha trovato anche un biografo adeguato: Andrea Zambrano, giornalista reggiano e collaboratore del Giornale. Zambrano ha appena scritto un libro esauriente che descrive tutte le tappe del caso: Il martire bambino, appena pubblicato da Imprimatur editore. Siamo a cavallo delle province di Reggio e Modena, nelle ultime settimane della guerra. E siamo anche a due passi dai paesi che componevano la repubblica di Montefiorino, una porzione di territorio liberata sia pure per soli 45 giorni, nell’estate del ’44, dai partigiani e poi celebrata in modo quasi agiografico da gran parte della Resistenza. Forse, la realtà era un po’ diversa.

Meno romantica e a tratti più violenta di quella divulgata in seguito. In questo contesto, segnato dall’ideologia, si muovono gli uomini che organizzano il rapimento e l’esecuzione di Rivi. Rivi scompare dal suo paese, San Valentino di Castellarano, sulle primi appendici appenniniche al confine fra le province di Modena e Reggio, il 10 aprile 1945 e muore il 13 aprile. Nessuno è testimone della sua sparizione, ma quel che colpisce, anche alla luce delle successive confessioni e ricostruzioni, è la freddezza e l’insensatezza con cui agisce il commando dei killer.

Non c’era alcuna ragione, nemmeno vaga, per portare via e trucidare barbaramente quel ragazzo, poco più di un bambino, che in testa aveva solo un’idea: farsi prete e mettersi al servizio di Gesù. E invece a freddo scatta la trappola. Ai pochi che gli chiederanno una spiegazione, Giuseppe Corghi, uno degli assassini, risponderà serafico: “Un prete in meno domani”.

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