Cultura e Spettacoli

"La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" con Artusi e ilGiornale

In edicola con il quotidiano una riedizione de "manuale pratico per le famiglie" dell'inventore della cucina moderna. 800 ricette, ma anche un libro tutto da leggere, ricco di curiosità, storiche e linguistiche, tradizioni di ogni epoca

"La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" con Artusi e ilGiornale

Ancor prima che si realizzasse l'unità d'Italia, Pellegrino Artusi aveva intuito quale fosse il vero linguaggio comune, terreno d'incontro tra culture, abitudini, gusti, tradizioni, temperamento delle infinite realtà del Bel Paese. Non è un caso se, a 130 anni dalla sua prima pubblicazione, «La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene» mantiene con una costanza invidiabile il suo pieno valore.

800 ricette delle nostre tradizioni regionali e chicche quasi dimenticate come "la cucina per gli stomachi deboli". Ma c'è anche molto di più, nell'archetipo con il quale ha dovuto inevitabilmente misurarsi ogni successiva impresa editoriale dedicata alla cucina. Un'opera, certo utilissima per la consultazione pratica. Ma anche un libro tutto da leggere, ricco di curiosità, storiche e linguistiche, tradizioni di ogni epoca.

Il Giornale ne cura una riedizione che unisce il rispetto quasi filologico per l'originale con la praticità d'uso e consultazione di una suddivisione in tre agili volumi. Da conservare in libreria come una piccolo tesoro editoriale riscoperto, ma anche da tenere a portata di mano in cucina, per maneggiarli senza il timore di battezzarli con uno schizzo d'olio o un baffo di farina.

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Tre i volumi in uscita, con periodicità settimanale, ciascuno al prezzo di euro 8,50 oltre al prezzo del quotidiano:

-giovedì 22 aprile brodi, minestre, principii, salse, uova, paste, ripieni, fritti, lessi, tramessi

-giovedì 29 aprile umidi, sformati, rifreddi, erbaggi e legumi, funghi, piatti di pesce, arrosti

-giovedì 6 maggio pasticceria, torte e dolci al cucchiaio, siroppi, conserve, liquori, gelati e cose diverse

Tutti i volumi resteranno disponibili in edicola fino al 30 giugno.

Artusi

Un estratto de "La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene"

Prefazio

La cucina è una bricconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate

compiacimento e cantate vittoria.

Diffidate dei libri che trattano di quest’arte: Sono la maggior parte fallaci o incomprensibili, specialmente quelli italiani; meno peggio i francesi: al più al più, tanto dagli uni che dagli altri potrete attingere qualche nozione utile quando l’arte la conoscete.

Se non si ha la pretesa di diventare un cuoco di baldacchino non credo sia necessario per riuscire, di nascere con una cazzaruola in capo basta la passione, molta attenzione e l’avvezzarsi precisi: poi scegliete sempre per materia prima roba della più fine, che questa vi farà figurare.

Il miglior maestro è la pratica sotto un esercente capace; ma anche senza di esso, con una scorta simile a questa mia, mettendovi con molto impegno al lavoro, potrete, io spero, annaspar qualche cosa.

Vinto dalle insistenze di molti miei conoscenti e di signore, che mi onorano della loro amicizia, mi decisi finalmente di pubblicare il presente volume, la cui materia, già preparata da lungo tempo, serviva per solo mio uso e consumo. Ve l’offro dunque da semplice dilettante qual sono, sicuro di non ingannarvi, avendo provati e riprovati più volte questi piatti da me medesimo; se poi voi non vi riuscirete alla prima, non vi sgomentate; buona volontà ed insistenza vuol essere, e vi garantisco che giungerete a farli bene e potrete anche migliorarli, imperocché io non presumo di aver toccato l’apice della perfezione.

Ma, vedendo che si è giunti con questa all'ennesima edizione e alla tiratura di duecentottantatremila esemplari, mi giova credere che nella generalità a queste mie pietanze venga fatto buon viso e che pochi, per mia fortuna, mi abbiano mandato finora in quel paese per imbarazzo di stomaco o per altri fenomeni che la decenza mi vieta di nominare.

Non vorrei però che per essermi occupato di culinaria mi gabellaste per un ghiottone o per un gran pappatore; protesto, se mai, contro questa taccia poco onorevole, perché non sono né l’una né l’altra cosa. Amo il bello ed il buono ovunque si trovino e mi ripugna di vedere straziata, come suol dirsi, la grazia di Dio. Amen.

L’autore a chi legge

Due sono le funzioni principali della vita: la nutrizione e la propagazione della specie; a coloro quindi che, rivolgendo la mente a questi due bisogni dell’esistenza, li studiano e suggeriscono norme onde vengano sodisfatti nel miglior modo possibile, per render meno triste la vita stessa, e per giovare all’umanità, sia lecito sperare che questa, pur se non apprezza le loro fatiche, sia almeno prodiga di un benigno compatimento.

Il senso racchiuso in queste poche righe, essendo stato svolto con più competenza in una lettera familiare a me diretta dal chiarissimo poeta Lorenzo Stecchetti, mi procuro il piacere di trascrivervi le sue parole.

Il genere umano – egli dice – dura solo perché l’uomo ha l’istinto della conservazione e quello della riproduzione e sente vivissimo il bisogno di sodisfarvi. Alla sodisfazione di un bisogno va sempre unito un piacere e il piacere della conservazione si ha nel senso del gusto e quello della riproduzione nel senso del tatto. Se l’uomo non appetisse il cibo o non provasse stimoli sessuali, il genere umano finirebbe subito.

Il gusto e il tatto sono quindi i sensi più necessari, anzi indispensabili alla vita dell’individuo e della specie. Gli altri aiutano soltanto e si può vivere ciechi e sordi, ma non senza l’attività funzionale degli organi del gusto.

Come è dunque che nella scala dei sensi i due più necessari alla vita ed alla sua trasmissione sono reputati più vili? Perché quel che sodisfa gli altri sensi, pit-

tura, musica, ecc., si dice arte, si ritiene cosa nobile, ed ignobile invece quel che sodisfa il gusto? Perché chi gode vedendo un bel quadro o sentendo una bella

sinfonia è reputato superiore a chi gode mangiando un’eccellente vivanda? Ci sono dunque tali ineguaglianze anche tra i sensi che chi lavora ha una camicia e chi non lavora ne ha due?

Deve essere pel tirannico regno che il cervello esercita ora su tutti gli organi del corpo. Al tempo di Menenio Agrippa dominava lo stomaco, ora non serve nemmeno

più, o almeno serve male. Tra questi eccessivi lavoratori di cervello ce n’è uno che digerisca bene? Tutto è nervi, nevrosi, nevrastenia, e la statura, la circonferenza

toracica, la forza di resistenza e di riproduzione calano ogni giorno in questa razza di saggi e di artisti pieni d’ingegno e di rachitide, di delicatezze e di glandule, che non si nutre, ma si eccita e si regge a forza di caffè, di alcool e di morfina. Perciò i sensi che si dirigono alla cerebrazione sono stimati più nobili di quelli che presiedono alla conservazione, e sarebbe ora di cassare questa ingiusta sentenza.

O santa bicicletta che ci fa provare la gioia di un robusto appetito a dispetto dei decadenti e dei decaduti, sognanti la clorosi, la tabe e i gavoccioli dell’arte ideale!

All’aria, all’aria libera e sana, a far rosso il sangue e forti i muscoli! Non vergogniamoci dunque di mangiare il meglio che si può e ridiamo il suo posto anche alla gastronomia. Infine anche il tiranno cervello ci guadagnerà, e questa società malata di nervi finirà per capire che, anche in arte, una discussione sul cucinare l’anguilla, vale una dissertazione sul sorriso di Beatrice.

Non si vive di solo pane, è vero; ci vuole anche il companatico; e l’arte di renderlo più economico, più sapido, più sano, lo dico e lo sostengo, è vera arte.

Riabilitiamo il senso del gusto e non vergogniamoci di sodisfarlo onestamente, ma il meglio che si può, come ella ce ne dà i precetti.

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