SI È COME SI SCRIVE Pagine che dimostrano come il carattere è simile allo stile narrativo

Le sue lettere private, il suo diario personale. Quanto daremmo per leggere la carte «intime» del proprio scrittore preferito? Almeno per una parte, gli ammiratori di Paul Auster e di John Coetzee verranno accontentati. Mentre sta per arrivare il memoir di Auster Diario d'inverno (in arrivo il 27 novembre per Einaudi), è appena uscito in Spagna (e arriverà nel 2013 in inglese per Penguin, il 7 marzo, e in Italia), Aquì y ahora (Anagrama/Mondadori), l'epistolario che ha legato lo stesso Auster e Coetzee per tre anni, dal 2008 al 2011, in una profonda amicizia.
I due si conoscono nel febbraio del 2008 al festival letterario di Adelaide, a cui Auster assisteva con la scrittrice Siri Hustvedt, sua moglie. Poco dopo il suo ritorno a New York, Auster riceve la prima lettera da Coetzee: l'autore sudafricano (premio Nobel nel 2003) proponeva all'americano da tempo in odor di Nobel e comunque pluripremiato, soprattutto in Europa, una collaborazione epistolare. Lo scrittore di Mr. Vertigo accetta, purché si tratti di «Quel tipo di conversazione che terremmo se vivessimo nella stessa città, non come se fossimo a tavola, però, ma in modo più rigoroso». L'accordo è fatto e sarà mantenuto via posta, fax, mail, per quelli che dovevano essere due e poi, per ammirazione reciproca, diventano tre anni. Anni in cui quando la distanza pesa, i due si incontrano: in Australia, Francia, Usa, Italia. «Caro Paul», «Caro John»: si parte con uno scambio proprio sull'amicizia e sul suo significato, da Aristotele ad oggi. Un'impagabile apertura sull'animo di due grandi introversi e schivi, ciascuno a suo modo, tanto che vero evento sono stati e saranno gli incontri in cui la coppia ha accettato di leggere le proprie lettere in pubblico: già dall'autunno 2011, al Writersfest di Kingston, fino a pochi giorni fa, al New York State Writers Institute. Il dialogo spazia sul cibo, le preoccupazioni, lo sport, la paternità, i festival cinematografici e l'incesto, la filosofia e il disastro economico globale (nel 2010, Auster scrive, a proposito degli effetti della crisi, che «Gli Stati Uniti sono un triste Paese in cui vivere»), l'arte, la famiglia, il matrimonio, l'amore, le critiche negative, l'immigrazione, Franz Kafka, Israele e Palestina, come cade la neve a Brooklyn d'inverno, come è difficile per Coetzee dormire, cronica conseguenza dei frequenti jet lag. E poi su quel certo Debenedetti, italiano, che andava vendendo interviste false: «Caro Paul, viviamo in un'epoca in cui solo le leggi contro la diffamazione impediscono che Debenedetti ci trasformi in personaggi inventati...». E ancora Auster si chiede se sia giusto che Coetzee lo consideri «nato nella stessa acqua» di Roth, con cui si è incrociato solo qualche volta a cena con Don De Lillo e con cui ha scambiato un pugno di lettere: «Roth è un dio, il cui lavoro è stato universalmente elogiato dal primo libro, mentre io sono un semplice mortale ai lavori forzati, la cui opera ha ricevuto più calci di quanti non ami ricordare».
E i viaggi, quello di Auster a Gerusalemme o quello di Coetzee in India, che servono a descrivere lo stato del mondo e la scoperta di come i caratteri di ciascuno siano così simili agli stili narrativi: Auster legato al racconto dei giochi del caso, Coetzee schematico, di un'intelligenza votata allo scetticismo. In generale gli Auster hanno una certa sfrenata tendenza all'autobiografismo, se si considera che almeno un romanzo di Siri Hustvedt, Quello che ho amato (Einaudi), il suo primo, costato sei anni di lavoro, è ottenuto mettendo il figliastro Daniel Auster in fiction, come storia di un figlio bugiardo patologico, mentre La donna che trema è la storia dei suoi propri nervi, che la rendono preda di tremori da quando è morto il padre, di emicranie da quando è piccina e dipendente dai farmaci da quando si è messa nelle mani di un neurologo.
Sicché Diario d'inverno non smentisce le attese di compendio delle nevrosi familiari unite a un impagabile orecchio assoluto per la vulnerabilità umana, specie la propria: un bilancio necessario a capire che «quel che pensavi non ti sarebbe mai accaduto ... ha cominciato ad accaderti ... nello stesso modo in cui accade a chiunque altro».
Auster ritrae Auster oggi, a 64 anni, nel momento in cui il corpo è preda di ogni possibile assalto e la mente reagisce con i ricordi. Le sensazioni ritornano come un'allegra macchina da guerra, il vento, i piedi nudi sul pavimento, i primi giorni di scuola, l'inventario delle cicatrici che costellano il suo corpo, il baseball, le dimostrazioni contro la guerra in Vietnam. E sua madre, abbandonata dal marito, in attesa di godere di un vero amore tardivo e troppo breve, e la sua morte, che lascia Auster in preda a invincibili attacchi di ansia. E le altre donne, avute nei trent'anni precedenti i trent'anni dei due matrimoni, dalla prostitute di Parigi alla prima moglie.

Una diversa dall'altra, rotonde o snelle, basse e alte, intellettuali o sportive, bianche, nere, asiatiche, tutte interessanti per via di quella «luce interiore che potevi indagare in loro, lo scintillio della singolarità, la fiamma del sé che si rivela, e quella luce te le avrebbe rese belle, anche se gli altri sarebbero stati ciechi alla bellezza che tu vedevi».

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