Tra i pochi pittori italiani ad aver raccolto consensi all'estero, Bernardo Siciliano è tra quelli che vanta un primato di resistenza lontano dalla patria. Dopo un apprendistato romano si trasferisce già alla metà degli anni '90 a New York che in breve diventa la sua città, influenzando il suo modo prima di vedere, poi di dipingere. Per questa ragione tra gli esponenti della nostra nuova figurazione Siciliano è stato, fin dall'inizio, quello con uno sguardo più internazionale e con una capacità di trovare una lingua pittorica effettivamente globale.
Sarà per il background familiare (suo padre Enzo è stato tra gli intellettuali capitolini più in vista) ma si sta parlando di un'arte che piace soprattutto al mondo letterario e cinematografico, molto meno condizionato da mode e contesti rispetto a quello degli specialisti. Ammirato dai migliori registi per quello stile assolutamente filmico di trattare le immagini come inquadrature, a Bernardo hanno accostato la loro penna diversi scrittori contemporanei: per la personale a Palazzo Te di Mantova (aperta fino all'11 gennaio), che segue di pochi mesi la mostra all'«Open House» di New York, è il turno di Sandro Veronesi, che insieme a Michele Bonuomo scrive nel catalogo Skira.
Il titolo ella mostra, The Tennis Player, parte da un quadro giudicato troppo forte per la comunicazione e la pubblicità: un giovane uomo nudo, letteralmente crocefisso, non rappresenta un simbolo cristologico, ma si riferisce al suo maestro di tennis che ogni giorno lo inchioda a fatiche molto più improbe e mostruose della pittura. Così l'artista si prende la rivincita nel campo che pratica meglio dello sport e reinventa la scena, detta le condizioni, insomma va a vincere la sua partita. Insomma, un dipinto che potrebbe piacere ad Andre Agassi, secondo quanto scritto in Open. Peraltro Siciliano, che è un pittore nato con il paesaggio, da alcuni anni alterna le visioni metropolitane a nudi e ritratti. Quando rappresenta il corpo senza vestiti raggiunge la precisione analitica della fotografia, con inquadrature frontali che ricordano la glacialità di Helmut Newton. Viceversa, nel ritratto, indugia sull'aspetto psicologico, e non a caso le persone che posano per lui spesso fanno parte della sua famiglia o di un ristretto giro d'amici, insomma gente che conosce bene e può indagare nei sentimenti più nascosti.
Ciò che convince di più nel lavoro di un artista molto maturato negli ultimi anni è la mescolanza tra l'elemento reale e quello iperreale: come a dire la pittura europea si incontra con quella americana.
Alla prima categoria fa riferimento a quei grandi maestri, da Hopper a Freud, cui si è nutrito fin da ragazzo. Alla seconda concorre il clima e il colore di New York, capaci di entrare dentro le vene della pittura e di trasformarla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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