"Solo uno scrittore capisce il crimine"

Parla Joel Dicker, l'autore-rivelazione del romanzo La verità sul caso Harry Quebert. Un noir che va al di là dei generi

"Solo uno scrittore capisce il crimine"

L' immaginario è da noir francese, le ambientazione americane purissime. Ma a conoscerlo si capisce subito che Joël Dicker è inequivocabilmente svizzero. Ginevrino, classe 1985, sfoggia una sicumera nel raccontare uno dei casi editoriali di genere degli ultimi anni, il suo giallo-fiume La verità sul caso Harry Quebert (trad. di Vincenzo Vega, Bompiani, pagg. 784, euro 19,50), che sembra nella vita non abbia mai fatto altro che promuovere romanzi. Parla di letteratura come fosse alta finanza, di scrittura come formule matematiche, eppure rimane leggero e aperto a ogni possibilità. Le idee sono merce fragile e vanno trattate con sapienza da orologiaio.

Quasi 800 pagine. Ce le racconta in quindici secondi?
«Uno scrittore che investiga sul passato del suo professore di università, accusato di aver ucciso un'adolescente di quindici anni. Durante l'inchiesta scopre molte cose sul professore, su se stesso e su quello che è successo negli ultimi trent'anni ad Aurora, una cittadina del New Hampshire».

La stessa storia senza che sembri un romanzo di genere?
«Un romanzo di formazione su un giovane scrittore, Marcus Goldman, che arriva a realizzare chi è realizzando chi sia e chi sia stato il suo maestro, Harry Quebert. A cui rende omaggio con la scrittura».

La stessa storia ma con sentimento?
«L'amore fraterno tra due amici. L'amore carnale tra uno scrittore trentenne e un'adolescente quindicenne. Narrati trent'anni dopo, alla luce di un dramma... Qui mettiamo dei puntini di sospensione per creare la suspence».

Quale di queste storie le interessa di più?
«A me interessava capire come avviene un fatto di cronaca di cui poi la gente parla per anni, come si sviluppa la parte criminale di un essere umano. Come il ritrovamento del cadavere della quindicenne Nola, che avviene nel romanzo. La cronaca segna molto gli spiriti».

Al centro del romanzo ci sono la menzogna e il male. Cos'è la menzogna?
«Solo il mio modo di vedere la verità. Diverso dal tuo».

E il male?
«Una parte di ciascuno di noi».

I critici dicono che il suo romanzo è vincente perché è pieni di riferimenti a capolavori letterari, figurativi, cinematografici. Gliene cito qualcuno a caso: Peyton Place, Psycho, Capote, L'esorcista, Twin Peaks, Happy Days, Richard Ford, Stephen King...
«Non ho letto nemmeno la metà di questi libri. Non ho mai visto Psycho, né letto King. Ma è divertente osservare come ciascuno crea un suo immaginario e appena legge un libro, vede un film o un dipinto fa connessioni. Il critico più bizzarro di tutti mi ha detto: “Se si mettono insieme le consonanti di Harry e le vocali di Marcus ne esce Cyrano e in effetti il romanzo è un lavoro su Cyrano e Rossana”. Assurdo. A me un libro o un film possono al massimo dare una pista, un'immagine, non di più. Anche se ho dei grandi maestri a cui rendo omaggio con questo libro".

Quali?
«Orwell, Steinbeck, Dostojevskij, Nabokov».

A parte Nabokov, i suoi recensori non ne avevano beccato uno. Ma un maestro di scrittura in carne e ossa ce l'ha avuto?
«No. In Francia non vanno di moda le scuole di scrittura. A volte mi contattano dei lettori chiedendomi: “Vorrei scrivere, come si fa?”».

Che cosa risponde?
«Che se avessero davvero voglia di scrivere un libro, lo scriverebbero».

Che cos'è l'ossessione per la scrittura?
«Un romanzo è un'infinità di possibilità. Più si avanza nel processo creativo, più l'idea diventa chiara. E allora bisogna renderla chiara per i lettori. È come l'ossessione di un pittore che vuole rendere un certo blu di un certo paesaggio: sa esattamente com'è quel blu e vuole riuscire a dipingerlo perché lo sappiano anche gli altri, allo stesso modo».

La sua ossessione com'è cominciata?
«La voglia l'ho sempre avuta, ma quando sono entrato all'Università ho pensato: ora o mai più. Quando lavorerò e avrò degli obblighi non potrò scrivere».

E poi?
«Ho scritto il primo dei miei sei romanzi e l'ho spedito. Tutti lo hanno rifiutato. Allora ho pensato: “Che cosa posso fare per migliorare?”.

Prendevo appunti, seguivo i suggerimenti di tutti. Harry Quebert è stato chiuso nell'agosto 2012. Ma se lo rileggessi potrei migliorarlo. Un libro non è mai finito».

Lo riscriverà?
«Non lo rileggerò».

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