Non è ancora l'uomo che morde il cane, ma qualcosa che ci si avvicina parecchio. Per certi versi è la rivincita del vecchio, la ribellione del seppiato, l'apoteosi del vintage. «Vuoi riversare la tua musica su un disco in vinile? E allora prego accomodati», dice l'annuncio. Con buona pace di cd, dvd, chiavette uessebi ed essedi e microessedi. Il mondo va così. Non solo i nonni sono diventati un asse portante delle famiglie due punto zero, chi in versione baby sitter per nipotini, chi sottoforma di Pensione Tre Stelle per figli purtroppo disoccupati e senza casa. Ma anche gli oggetti, gli stili, le passioni retrò. Il mondo va così, un po' al contrario. Ora gli orologi dichiaratamente vintage insinuano persino seri dubbi nei possessori di Rolex, Patek, Vacheron, Tag Heuer e via dicendo. «Se fa tendenza un precisissimo, leggerissimo, indistruttibilissimo Casio digitale replica anni Ottanta da 20 euro, sarà forse il caso che metta in banca il mio prezioso orologio-gioiello...» pensano alcuni. Sempre più spesso quel Casio da 20 euro viene mostrato con orgoglio nelle riunioni aziendali, in tv, nei talk show. Ed è democraticamente trasversale: lo indossano manager e fattorini, imprenditori e pony express, attori e muratori, ragazzotti e ragazzotte.
Il vintage, dal francese «l'age du vin», nel senso di annata, d'invecchiamento del vino, si sta trasformando in una legge della fisica. In una Forza. La Forza del fuori moda che diventa di moda. Equazione che gli stilisti avevano capito da un pezzo. Vintage il bello delle cose di un tempo che per qualità o costume hanno la Forza di resistere alle mode passeggere. Vintage il bello di oggetti nati geniali, accantonati geniali e ritornati ancor più geniali. Il Radio Cubo family della Brionvega, il Ts502 ad esempio. Che una volta resuscitata l'azienda ne è ridiventato un caposaldo. Era la radio rossa e nera, soprattutto la ricordiamo arancione e accoppiata al televisore portatile dal design impennato, l'Algol 11 che spopolava negli anni Settanta. Finì pure esposta al MoMa tanto era ed è bella. L'avevano firmata due geni del design, Marco Zanuso e Richard Sapper.
Il vintage in tempi di crisi trova molte spiegazioni e talvolta speculazioni. Perché spopolano i mercatini degli oggetti sgomberati dalle soffitte. Sono le piccole piazze e vie che si ripopolano puntualmente una volta al mese e dove negli ultimi cinque anni è stato un dolore assistere impotenti all'impennata dei prezzi. È la moda del vintage. Quasi una contraddizione in termini. Il telefono a disco, quello grigio, Siemens, Sip, Gte che abbiamo tutti avuto in casa almeno una volta. Veniva via con 5 euro, ora possono non bastarne 50. Era quello dove, nella versione americana, Cameron Diaz ne Il matrimonio del mio miglior amico, infilava l'indice per pigiare i numeri non capendo che doveva ruotare il disco per comporli. Era la fine degli anni Novanta. Grande anticipatrice, Cameron. Ora di quel telefono ne viene commercializzato uno proprio così: col disco che non ruota. Si pigia e basta.
Il vintage ha varie declinazioni. Fra queste primeggia quella intesa come puro gusto per le cose belle che restano nel tempo per linee o per funzionalità; segue quella legata al marketing, che talvolta sfrutta gli aspetti... come dire... terapeutici del vintage. Le auto sono la prova più evidente della prima declinazione e del bello che non muore mai. La Mini dei Sessanta e Settanta che da semplice modello è diventato negli anni Duemila vero e proprio brand e status symbol. Il Maggiolino ormai reduce da due riproposizioni dopo quella originaria e mitica voluta da tale Adolf Hitler e progettata da Ferdinand Porsche in persona. E la nuova 500, che leggenda neppure tanto leggenda vuole nata da un'intuizione di Lapo Elkann e che sembra proprio una vecchia 500 che ha fatto uso massiccio di anabolizzanti. Sembra lei ma non è lei, però è lei. In questi giorni la Volkswagen ha annunciato che cesserà la produzione del mitico furgoncino. Quello dei figli dei fiori, delle vacanze in camper quando i camper non esistevano. Neppure il tempo di rimpiangerlo. Vedrete, tornerà dopo una cura di design anabolizzante.
Più o meno stesso discorso in campo fotografico: rispuntano le Polaroid a sviluppo istantaneo e le pellicole costano una fucilata come allora. Instagram ha fatto fortuna riproponendo in digitale l'effetto seppiato e i colori caldi e approssimativi anni Settanta. L'altro giorno una ha detto a uno guardando le sue foto sul telefonino: «Belli i tuoi figli, proprio due bei bimbi biondi...». «Guarda che è una vecchia foto di me e mia sorella» ha risposto il quasi cinquantenne.
Quanto ai richiami vintage nel marketing, la Barilla ci ha fondato campagne di successo e martellanti. Senza contare il proliferare di importanti ritorni. In principio fu il chinotto. Ora sono il ginger, la spuma che una volta era cosa da oratori e si pronunciava tutta d'un fiato «vorrei una spumadacento...». Nel senso di lire. E poi le caramelle galatine e quelle al rabarbaro che davano per resto.
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