Il verso giusto Agli idealisti Ekelöf, accordi di musica mistica


di Nicola Crocetti


Abbassa l'uomo all'uomo!
È così solo con il suo cappello di neve,
è come una statua fra rigidi lampioni
nel parco invernale.
Lui, che invano si era offerto,
e si affretta adesso a lasciare
il ghiacciato piedistallo nero,
col volto inadeguato
nudo verso l'alba.







(Traduzione di Susanna Gambino)


Personaggio isolato, ipocondriaco e meteoropatico, Gunnar Ekelöf (Stoccolma 1907-Sigtuna 1968), è uno dei maggiori poeti del Nord Europa. Attivissimo, prolifico, versatile, lavora nella solitudine protetta della sua casa fuori Stoccolma, scrivendo versi, articoli e saggi teorici, e spaziando dalla poesia surrealista a quella araba, alla mistica orientale, fino alla poesia civile. Adolescente ribelle e anarchico, denuncia la disumanizzazione della società svedese, che chiama «orrore domestico», si indigna per la protervia del suo popolo, privilegiato nel suo benessere, e dipinge un mondo mostruoso e disumano, dove l'individuo è ridotto a neve, marmo, ombra.
Durante un lungo soggiorno a Parigi (1929-30), subisce l'influenza del surrealismo, e per primo lo fa conoscere in Svezia. Abbandonato presto, anche se mai dimenticato, l'idillio paesaggistico della tradizione letteraria scandinava (con cui ogni uomo del Nord deve fare i conti), la poesia di Ekelöf si concentra sulla perdita di identità dell'individuo e sull'azzeramento dei valori causato dalla violenza. Cittadino fortunato di un Paese storicamente neutrale, vive il conflitto che dilania l'Europa come un'esperienza distante, ma con l'angoscia dell'osservatore impotente, ossessionato da pensieri suicidi, e scrive versi ispirati alle atrocità e ai massacri della guerra, che non risparmiano gli altri Paesi scandinavi. Le sue numerosissime raccolte gli procurano grande fama, e nel '58 entra nell'Accademia Svedese. Considerato il T.S.

Eliot svedese, la sua è un'opera ardua, piena di riferimenti letterari, filosofici, storici e mitologici. Ma, come dice in uno scritto programmatico, per lui la poesia «è mistica e musica», un linguaggio sotterraneo «che va da un'anima a un'altra».

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