Vivere a fumetti: anche l'avventura è da intellettuali

Grande studioso della comic art, Antonio Faeti racconta la propria vita a stelle e "strisce". E la difficile emancipazione della nona arte

Vivere a fumetti: anche l'avventura è da intellettuali

Quanto il fumetto può travolgere con il suo immaginario intere generazioni di lettori? Quanto è stata seminale l'influenza della Comic Art per l'educazione popolare italiana e ne ha condizionato mode e abitudini? A queste e altre domande risponde in maniera originale e singolare un acutissimo pamphlet di Antonio Faeti, La storia dei miei fumetti (Donzelli). Il grande studioso dell'arte visuale racconta la propria formazione proprio attraverso i comics: «sono nato in una misera casa di un rione popolare di Bologna e all'origine della mia educazione sentimentale ci sono i fumetti e fra i fumetti hanno avuto più importanza quelli che il popolo ha amato e sentito come suoi».

Per attuare il suo viaggio nella memoria il critico bolognese propone ai lettori un incrocio fra i suoi ricordi e la riproposizione anastatica delle tavole che lo hanno accompagnato negli anni. E ogni volta che tira fuori dalla propria biblioteca un grande classico del fumetto o una misconosciuta serie che parrebbe non aver lasciato molta traccia di sé, il momento diventa un punto d'incontro fondamentale per analizzare gli sviluppi di un certo tipo di narrativa popolare e le emozioni che ha suscitato fra il pubblico. Riscopriamo così l'esotismo e l'erotismo nascosto fra le pagine del «grande romanzo a fumetti indiano» Sunda e Upasunda (che Federico Pedrocchi ed Enrico Bagnoli pubblicarono su Topolino nel 1946) ma anche fra le avventure del Flash Gordon «glorioso e liberty di Alex Raymond e di quello più pacato e familiare di Austin Briggs che contiene una sensualità più sensuale e consueta, così da far pensare che l'eros, non l'avventura, sia il fondamento vero di questa narrazione».

Assieme a Faeti sfogliamo le tavole di Vipera Bionda, del Brontolosauro, di Manuela La Matadora, di Buffalo Bill, di Kit Carson, mentre vengono evidenziati i talenti di Guido Martina, di Raffaele Paparella, di Nadir Quinto, e di Jacovitti e Guido Crepax (capaci di rivoluzionare sia il linguaggio narrativo sia quello visuale). Ci avventuriamo fra le imprese avventurose di personaggi come Tarzan e Drago, il Principe Valiant, Steve Canyon, L'Uomo Mascherato (affiancato al suo clone Zigomar) affidati al talento di Burne Hogarth, Hal Foster, Milton Caniff, Lee Falk e Ray Moore. Comprendiamo il senso della ricerca grafica di autori come Franco Caprioli e Stanley Jordan, ammiriamo le incredibili e cinematiche invenzioni di Gianni De Luca, scopriamo il senso di «una speciale poetica chiamata bonellità» legata a personaggi come Mister No, Dylan Dog e Ken Parker. Antonio Faeti non si propone di costruire un'enciclopedia, né tantomeno un atlante tematico, bensì incanta il lettore attraverso il racconto dei suoi fumetti, mostrando come dietro ogni tavola ci sia un momento di storia, di editoria e di vita personale.

Faeti sa che la letteratura disegnata non è sempre stata considerata formativa ed educativa, e che ci sono voluti tanti anni per arrivare a un concetto critico e letterario forte rispetto a quella che i francesi definiscono come «La Nona Arte». Per questo ci regala uno spaccato d'epoca singolare come il seguente: «quando ero in quinta elementare avevo come maestro un geniale insegnante che il Resto del Carlino definì, qualche tempo fa, il “Baldini della leggenda”. Straordinaria figura di educatore, seguì con apprensione il “caso Tato”. Era un bambino, figlio di un piccolo imprenditore, ucciso da un ragazzo che era un dipendente di suo padre. Nella grotta dell'assassino che, nel dopoguerra e senza genitori, non aveva casa e viveva come un cavernicolo accanto al fiume Reno, furono trovati tantissimi fumetti. Aderendo anche alla crociata internazionale contro i fumetti che, dagli Usa, si andava diffondendo in vari paesi, il Carlino esortò noi bambini a bruciare i nostri fumetti. Baldini volle un processo regolare e nominò me avvocato difensore. Il maestro alzava un albo, l'accusa diceva le sue ragioni, poi parlavo io. C'era una giuria che votava albo per albo.

Nessuno meritò il rogo e lo spirito di quella mattina alle scuole Pascoli di via Pascoli è ancora presente nelle pagine del mio libro».

Uno spirito contagioso che porta a leggere e rileggere con altri occhi i fumetti di allora ma anche quelli di oggi.

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