da Parigi
ellestate del 1816 Byron decise di andare sulle orme di Napoleone, sconfitto lanno prima a Waterloo, usando una carrozza simile a quella dellimperatore. Era successo che pochi mesi prima William Bullock, pirotecnico inventore del London Museum, ribattezzato dai detrattori il Mausoleo egizio per il suo profluvio di colonne e statue orientali, aveva esposto in quelle sale la dormeuse viaggiante appartenuta al nemico pubblico numero uno dellInghilterra, arrivata oltremanica come «bottino di guerra» e divenuta in un attimo lattrazione principale del pubblico londinese. Per i visitatori, era come avere a portata di mano, e in miniatura, il mondo stesso di Napoleone, una sorta di museo portatile pieno dei suoi oggetti: abiti, nécessaire da viaggio, da tavolo e da scrivania... Per un pubblico «guardone» era come vederlo intento a lavorare o a oziare, in mezzo alle sue insegne, i suoi argenti finemente incisi, le sue tazze per il petit-déjeuner con il monogramma imperiale, un totem, insomma, dagli effetti catartici.
Con la sua «berlina» rifatta tale e quale, Byron saggirò per lEuropa, usandola a mo di moderna roulotte. Quando finalmente arrivò a Waterloo, era ridotta in condizioni talmente pietose che per percorrere il campo di battaglia dovette montare a cavallo, proprio come del resto aveva fatto il proprietario delloriginale in quelle drammatiche e caotiche ore che videro la fine di un impero e di unepoca. Cavalcando, Byron le rivisse come se vi fosse stato presente: lunico elemento che gli sfuggì fu che quella carrozza da cui era sceso non era quella giusta, o meglio, non era lunica.
«La berline de Napoléon. Le mystère du butin de Waterloo», è il titolo della bella mostra organizzata dal Museo nazionale de la Lègion dHonneur, sotto la direzione di Jean Tulard (catalogo Albin Michel, sino all8 luglio). Per la prima volta, tutto ciò che in quella battaglia campale fu perduto da un lato e conquistato e/o salvato dal saccheggio puro e semplice dallaltro, si trova qui riunito, oggetti mitici e oggetti materiali: il cappello, la redingote, le armi e largenteria dellimperatore, persino una sua camicia, ma anche le decorazioni simbolo di potenza e capolavori doreficeria. Sono arrivati dai musei russi, svizzeri e tedeschi, da collezioni private e naturalmente da tutte le istituzioni pubbliche francesi che conservano reliquie, insegne e ricordi del piccolo-grande corso. Linsieme è sublime e patetico, la «caduta dei giganti» evocata da Victor Hugo e il loro rivivere in forma di memorabilia.
Lesposizione ruota però intorno alla «berlina dellimperatore» caduta quel giorno nelle mani nemiche. Non quella copiata da Byron, in seguito finita al Museo delle Cere di Madame Tussauds e poi andata bruciata in un incendio nel 1925, ma laltra, bottino di guerra dellesercito prussiano del maresciallo Blucher, rimasta poi agli eredi di questultimo sino agli anni Settanta del secolo scorso e poi donata al Museo nazionale di Malmaison da cui, salvo per una mostra statunitense negli anni Novanta, non era mai uscita. Si tratta di un «landau en berline», costruita da Getting nel 1812 e che Napoleone portò con sé anche nella sfortunata campagna di Russia. Ha una capote retraibile avanti e indietro, la cassa che si trasforma in letto e scrittoio, il colore della struttura è un rosso cupo con dipinte le grandi armi dellImpero e le piccole corone imperiali, misura due metri e mezzo daltezza, un metro e ottanta di larghezza, tre metri e novanta di lunghezza.
Il cosiddetto «bottino dellimperatore» non era comunque custodito lì. In realtà, lo scrigno delle decorazioni si trovava nella vettura del suo aiutante di campo Marchand, e il cappello e la spada recuperati dai prussiani non erano quelli portati da Napoleone quel 18 giugno, ma i suoi ricambi nei giorni precedenti. Il «cappello di Napoleone a Waterloo» è quello conservato al museo di Sens e ora qui in mostra, il feltro segnato dallacqua che aveva reso la pianura impraticabile, i bordi sformati dallesserselo calcato con forza in quello che fu il giorno più lungo della sua vita. Tornato a Parigi, lo diede ai suoi cappellai di fiducia, Pouypard e Delaunay, perché fosse ripulito, spazzolato e rimesso in forma, ma labdicazione e lesilio non gli permisero di andarselo a riprendere e il cappello rimase così comera...
Sulla battaglia di Waterloo la bibliografia è sterminata ed è noto che Napoleone pensò di averla militarmente vinta, non ci si fosse messo di mezzo il destino «cinico e baro» di chi non fece come lui aveva comandato di fare...
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