«Cumannari» o «futtiri»? Entrambi, ma sempre nei limiti della decenza

Liberale da lunga pezza, mi sono un po’ scocciato di tutti i miei amici che vogliono farmi la predica sul comportamento di B. e sullo sputtanamento internazionale che ne deriva. Allora provi a ricordare al presidente che non si può avere la botte piena con quel che segue. Quindi, si limiti a governare, possibilmente bene. In Sicilia c’è un detto di cui B. dovrebbe far tesoro: «Cumannari è megghiu ca futtiri». Ma lui milanese è...
Fiumicino (Roma)

Vede, caro Sapienza, io non ho pratica in uno dei due esercizi tirati in ballo dall’aforisma (ben noto anche fuori dalla Sicilia): comandare, non ho mai comandato e dunque cosa ne so? Però azzardo: e se i milanesi fossero più furbi? E se fosse come la storia del Maxibon, che two is meglio che one? Capisco la sua irritazione, capisco lo sputtanamento, ma guardiamo ai fatti, nudi e crudi: ai domestici trastulli il Cavaliere dedica, e non certo quotidianamente, gli scampoli del proprio tempo. Nessuna Bocassini e nessun D’Avanzo è in grado di affermare il contrario. Scampoli. Assolutamente non sottratti (lo ripeto, il Berlusca dorme quattro ore per notte, roba che io le spendo per farmi sì e no una pennica) all’attività preminente: il lavoro. O, per restare all’aforisma, al «cumannari». Per qualche tempo ha «cumannato» un po’ meno, è vero. Non però per una improvvisa botta d’accidia, ma per far fronte all’impressionante potenza di fuoco giudiziaria e mediatica (la macchina del fango, per intenderci). I cui danni collaterali sono rappresentati da una parte dallo sputtanamento internazionale dell’intera nazione, dall’altra dalle intemerate moraliste dell’antiberlusconismo rigurgitante fiele e cretinate in misura eguale (Vito Mancuso, docente di teologia e firma gloriosa della Repubblica, è arrivato a scrivere che lo stile di vita di Berlusconi «attenta alla salute mentale dei nostri giovani». Categoria cretinate).
Il frastuono delle cannonate arriva ovviamente anche alle nostre orecchie, arrecandoci forte fastidio. E pur di trovare un po’ di ristoro, invece di prendercela con gli addetti alla Santabarbara vogliamo implorare il Cavaliere di cambiar vita? E di trascorrere le serate, gli scampoli di cui sopra, alla moda di Umberto Eco: in poltrona a leggere Emanuele Kant? Rigorosamente in solitudine? Eh, no. Non va. Se le critiche, ma quali critiche: le accuse rivolte al Cavaliere riguardassero il suo comportamento pubblico, passi. Sì, una volta fece le corna con l’indice e il mignolo, l’altra se ne uscì con l’«Ehilà! Mister Obama!» al cospetto di Sua Maestà Britannica (pare non si debba fare), sì, racconta le barzellette e commette quelle che agli occhi verecondi di una Bindi risultano imperdonabili gaffes. E va bene, si storca pure il naso per difetto di aplomb, ma non c’è pubblico scandalo. Che invece si vuole sussista quando procure e megafoni delle procure, per dirla con Karl Kraus si son messe a «sollevare le sottane della vita». Quando sono andate a ficcare il naso nelle faccende private, intime, domestiche di Berlusconi. Facendone con gran frastuono di grancassa delle faccende pubbliche, diffuse, visibili. La qualcosa significa barare al gioco, la qual cosa significa fare i furbetti del quartierino della politica.

Per costoro sì, caro Sapienza, «cummanari è megghiu ca futtiri», molto ma molto meglio, tanto che del «futtiri» pare abbiano ormai solo un vago ricordo, visto come si eccitano al solo richiamo del bunga bunga. Quanto al «cummanari», vanno in bianco da quel dì, ciò che li ha resi isterici e intenzionati a imboccare la scorciatoia del golpe morale per far fuori il Berlusca. No pasaran.
Paolo Granzotto

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