Cuneo fiscale, neanche l’Ocse crede a Prodi

Il presidente di Confindustria: «È una riforma valida e non va smontata, su questo ci aspettiamo più chiarezza dal centrosinistra»

Gian Battista Bozzo

da Roma

Il cuneo fiscale - il peso di imposte e contributi sul costo del lavoro - in Italia è molto elevato: il 45,4% del costo complessivo di ogni dipendente contro una media Ocse del 37,3%. Ridurlo è dunque giusto, avverte l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ma attenzione: «Si tratta di un obiettivo molto seducente - dice il direttore del centro di politica e amministrazione fiscale di Chateau de la Muette, Jeffrey Owens - ma è più facile a dirsi che a farsi, in quanto significa anche ridurre le spese sociali».
L’Italia figura al settimo posto sui trenta Paesi rilevati nella classifica dell’Ocse, preceduta da Belgio (dove il cuneo è il più elevato in assoluto, con il 55,43%), Germania (51,77%), Ungheria (50,54%), Francia (50,05%), Svezia (47,93%) e Austria (47,43%). Nei piani bassi della classifica figurano invece la Nuova Zelanda (20,47%), il Messico (18,18%) e la Corea del Sud (17,28%).
Dunque, cuneo fiscale elevato ma non da record per il nostro Paese. E soprattutto inferiore ai nostri naturali concorrenti, Francia e Germania. Rispetto al Duemila è sceso di un punto percentuale, ma il nostro 45,4% è indubbiamente ancora troppo alto. La proposta del centrosinistra di tagliare 5 punti di cuneo fiscale-contributivo in un solo anno porterebbe l’Italia a ridosso della Spagna, in tredicesima posizione nella classifica Ocse col 39%. Si tratterebbe tuttavia, osservano gli esperti dell’Ocse, di «un exploit che, a nostra conoscenza, non ha precedenti. Proprio nel momento in cui la popolazione invecchia - rileva Christopher Heady, capo del settore politiche fiscali e statistiche dell’organizzazione parigina - è difficile tagliare i prelievi sui salari, perché rappresentano una larga fetta delle entrate fiscali e finanziano la spesa sociale».
Il taglio di cinque punti di cuneo fiscale, per di più nel primo anno di legislatura, rappresenta il punto qualificante del programma economico di Romano Prodi, ma costa intorno ai 10 miliardi di euro, circa 20mila miliardi delle vecchie lire. La riduzione, afferma il candidato del centrosinistra, si può fare agendo sulla lotta all’evasione fiscale e tagliando la spesa pubblica. Il beneficio per le imprese, soprattutto quelle di grandi dimensioni e con molti dipendenti, è evidente in termini di costi; ma nessuno può garantire che abbia effetti rilevanti sulla competitività internazionale del nostro sistema, concentrato su prodotti maturi. Inoltre, «i Paesi che stanno cercando di ridurre la tassazione sul lavoro - spiega ancora Heady - stanno incontrando difficoltà nel farlo, perché rappresenta larga parte delle entrate fiscali complessive, ed è davvero arduo ridurre la spesa pubblica». Più in generale, spiegano all’Ocse, la tendenza attuale «molto forte» dei regimi fiscali è quella di abbandonare le aliquote progressive più elevate per indirizzarsi verso una tassazione più flat (uguale per tutti) possibile.
Tornando al caso italiano, l’Ocse rileva che nel 2005 la politica fiscale ha favorito le famiglie, mentre il peso è rimasto stabile per i single. «L’Italia è uno degli otto Paesi Ocse (sui trenta che aderiscono all’organizzazione, ndr) dove è cresciuta la preferenza fiscale per le famiglie», osserva il rapporto. Nel caso di una coppia monoreddito con due figli, con un salario nella media nazionale, il cuneo fiscale è calato al 35,2%. È anche vero che nel nostro Paese i salari sono cresciuti del 3,2% al lordo dell’inflazione (1,1% al netto), meno della media Ocse (3,9%) ma vicini alla media Ue del 3,3%.

Un’analisi, quella sui salari, che secondo il segretario al Welfare Maurizio Sacconi «contesta le tesi catastrofiche di chi parla di impoverimento generalizzato». Infatti, spiega l’esponente di Forza Italia, il documento dell’Ocse segnala incrementi salariali più consistenti rispetto a quelli registrati in Francia e Germania.

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