da Roma
Sposarsi sarà pure bello, ma separarsi, magari continuando a vivere insieme, può tradursi in trucco utile per risparmiare. Il paradosso fu colto nel 2002 da un bel film di Alessandro DAlatri, Casomai. Gran successo di pubblico e di critica, al quale seguì un destino particolare: rivela infatti il regista cinquantenne che quella commedia agrodolce su incanto e disincanto amoroso fu subito adottata da molte parrocchie per i corsi di preparazione al matrimonio. Non sorprenda. DAlatri si propone come un irregolare del cinema: viene dal Pci ma pochi lo amano a sinistra, è tuttaltro che bigotto ma non perde occasione di citare Paolo VI. Confessa: «Ho fatto mia una sua frase: È finita lera dei maestri, è cominciata quella dei testimoni. Bisogna seminare umanità, ogni giorno, con gesti concreti. Marce e manifestazioni, anche in difesa della famiglia, servono a poco. Mi creda».
Il paradosso di cui sopra DAlatri lo fissò in due scene cruciali di Casomai. A loro modo profetiche. Ricordate? Nella prima, dopo la sosta ai box per la gravidanza, Stefania Rocca ricomincia il lavoro dalla gavetta e non riesce a iscrivere il bambino a un asilo nido perché, come moglie non separata di un pubblicitario benestante, non è sufficientemente sfigata per accumulare il punteggio necessario. «Tutto vero, anche se nella realtà è accaduto al sottoscritto». Nella seconda, Fabio Volo va dal commercialista che gli ha appena preparato la cartella esattoriale. Una botta micidiale. Lui esita, laltro gli fa: «Non puoi scaricare niente, peccato. Ma forse una soluzione cè. Sei sposato? Hai un figlio? Divorzia. Così sei costretto a dare gli alimenti e puoi detrarli». Ricorda il regista: «La gente rideva in sala, si divertiva, poi, lentamente, affiorava il disagio. Perché erano episodi ritagliati dalle esperienze di centinaia di persone in carne ed ossa. La verità è semplice. In Italia la famiglia non è tutelata per niente. Ma le pare giusto, per dirne unaltra, che alcune spese sanitarie per i tuoi figli non siano detraibili, o in misura ridicola, mentre quelle per il veterinario sì?».
DAlatri è sposato con una donna tedesca da dodici anni, ha due figlie, Federica e Carolina, dice che non si sarebbe fermato lì. «Fosse stato per me, avrei fatto un allevamento. Però un figlio costa come una Ferrari, sin dal giorno in cui nasce, e qui in Italia non ti aiuta nessuno. Se è difficile per me, che guadagno bene, figuriamoci per un impiegato o un maestro che non arrivano a 2.000 euro al mese». Detto questo, concede, il paradosso vale anche al contrario. «Un esempio? Tu sei single ma vivi in una casa di 120 metri quadri: limposta sulla nettezza urbana dovrebbe essere commisurata alla spazzatura che produci, invece paghi quanto una famiglia con due figli. Uniniquità che genera nuovi guai».
DAlatri ormai è un fiume in piena. Ce lha con un sistema che penalizza lingegno sul lavoro e punisce la meritocrazia (ci ha fatto sopra un film, La febbre, sempre con Volo). «Già, mantenere il profilo basso in ufficio ti garantisce lesistenza, ma alla lunga uccide il talento».
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